Delle
due ore e venti che dura La Battaglia di
Hacksaw Ridge di Mel Gibson, una
mezzora l’ho passata ad occhi chiusi per evitarmi le scene più cruente di
orrori bellici e per un bel po’ mi è sembrato di vedere una replica di Full metal jacket. Ciò nonostante, sono
uscita dal cinema emozionata e pensante. Ovvero
pensante al film e non ad altro come
molte visioni inducono.
La
storia di Desmond Doss, primo obiettore di coscienza
a ricevere la medaglia d'onore, è tra le più belle portate a cinema negli
ultimi anni: coinvolge, commuove, permette di passare un dopo cinema tra amici
con scambi di riflessioni non banali.
La forza della sua fede e
il sostegno dell’amore di Dorothy, che sembrano concentrarsi in una piccola
Bibbia consentono a Doss, contro ogni razionale possibilità, di realizzare la
vocazione, nata dalla sua personale esperienza di dolore e violenza: “Occorre
qualcuno che rimetta insieme qualche pezzo del mondo, mentre tutti sono così
intenti a farlo a pezzi.”
Riporta vita e umanità
proprio dove vita e umanità sembrano soccombere nell’atrocità più distruttiva.
Andrew Garfield, che non
buca lo scherma in Silence, offre qui
una interpretazione di quelle che restano.
Ultimamente, ho visto due
film italiani, due film diretti da registi del Sud e che del Sud parlano, che mi
sono piaciuti:
L’ora
legale di Ficarra e Picone ha il merito di porre, con
ironia, un tema importante: quanto il Sud, quanto l’Italia vuole davvero il
cambiamento, giacché il cambiamento di una società non è solo il cambiamento
degli altri, ma anche di se stessi, la rinuncia ai piccoli o grandi privilegi
che l’illegalità diffusa consente a tutti o quasi.
Indivisibili
di
Edoardo De Angelis sfiora il capolavoro, mostrando una periferia del Sud dal degrado
ambientale e umano selvaggio, che non
toglie purezza e dolcezza, una dolcezza molto femminile, alle gemelli siamesi protagoniste, il cui
legame fisico non è, comprensibilmente, anche psicologico, ma in qualche modo, commoventemente poetico.
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