lunedì 30 settembre 2013

Italiani d'autunno






Si sta
come d’autunno
sugli alberi     
le foglie.

Si chiama Soldati – e si riferisce, infatti alla sua esperienza di trincea – questa breve e intensa lirica di Ungaretti. Che potrebbe essere ormai assunta quale certificazione dell’essere italiani.

Umiliati e offesi - ora più e peggio di altre volte - nei loro interessi materiali (i rischi di ulteriori catastrofi economiche) e nella loro dignità di cittadini, che vorrebbero essere semplicemente italiani ed europei normali.



domenica 29 settembre 2013

Ah, Italia mia...







Italia mia, benché ’l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sí spesse veggio…

Sono andata a rileggermi la Canzone all’Italia di Petrarca e, naturalmente, il VI Canto del Purgatorio, quello della terzina famosissima:


Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!

E pure quella Canzone all’Italia di Leopardi, che non vale certo i suoi versi immensi ed eterni fino a quando (come direbbe altro poeta) il Sole/risplenderà su le sciagure umane, anzi mi è sempre sembrata un po’ ridicola  per via di quel roboante Combatterò, procomberò sol io.

Ma, in un sabato pomeriggio di quieto autunno – in cui, come ormai troppe volte, viene fatto cadere sul paese, un terreo sgomento di essere italiani e l’orlo del baratro, rintuzzato appena due anni fa, torna lì, peggio, molto peggio di prima  (il tutto, peraltro, mentre il presidente della Repubblica sta a Napoli a ricordare le Quattro Giornate, uno degli inizi della nostra storia più contemporanea)– tutta quella serie di domande mi appaiono  tutt’altro che retoriche.


O patria mia, vedo le mura e gli archi

E le colonne e i simulacri e l'erme

Torri degli avi nostri,

Ma la gloria non vedo,

Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi       

I nostri padri antichi. Or fatta inerme,

Nuda la fronte e nudo il petto mostri.

Oimè quante ferite,

Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,

Formosissima donna! Io chiedo al cielo             

E al mondo: dite dite;

Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,

Che di catene ha carche ambe le braccia;

Sì che sparte le chiome e senza velo

Siede in terra negletta e sconsolata,                    

Nascondendo la faccia

Tra le ginocchia, e piange.

Piangi, che ben hai donde, Italia mia,

Le genti a vincer nata

E nella fausta sorte e nella ria.                            


Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,

Mai non potrebbe il pianto

Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;

Che fosti donna, or sei povera ancella.


Sappiamo e anche bene – o dovremmo saperlo – chi ha ridotto così il bel Paese.

Saremo mai in grado di darla noi – elettoralmente, politicamente, culturalmente – la spallata a chi ci vuole paese di servi, escort, leccapiedi e compagnia, un paese volgare e, secondo l'etimologia del termine, decisamente osceno?

sabato 28 settembre 2013

Il giudizio delle parole





Mi capita, per lavoro, di dover parlare molto (ben oltre, intendo, le parole dette in classe).  

E, anche, di scrivere molto. Per cose di scuola e non solo, social compresi.

So che, a esporsi tanto, c’è un rischio: perché analisi accurate, sincerità d’intendimenti, onestà intellettuale non impediscono di dare valutazioni più o meno errate. Per ingenuità, per limitatezza d’orizzonte, per non sufficiente esperienza del mondo, o per ogni altro motivo.

E mi auguro che, alla fine, il giudizio delle mie parole su di me sia:  ha provato a dare il massimo.



Questi sono stati i pezzi che ho scritto per Zoomsud in quest’ultima settimana:








lunedì 23 settembre 2013

23 settembre, il giorno giusto per iniziare







Ciao Giancarlo.
Stamani ho dedicato a te la mia prima lezione di scrittura al carcere minorile di Nisida.

Altro non potevo fare.
Altro per me è superfluo e inutile.

23/09/85 - 23/09/13
Urlare per poi sorridere

Così ha scritto Alessandro Gallo su fb, intorno alle 14 di oggi.

Stamattina, infatti, abbiamo iniziato il progetto Scrittura del nuovo anno scolastico.

Quando avevamo scelto la data, non ci avevamo fatto caso.
Ma stamattina sì.

Giancarlo, Roberto, Alessandro.
I nostri ragazzi e le nostre ragazze.

E’ stata una di quelle emozioni che si stratificano nell’aula Dinacci, lasciando nell'aria come la scia odorosa di quei fili sottili, che possono portar fuori dai labirinti dell'anima.