lunedì 28 maggio 2018

Io sto con Mattarella




Mi sveglio come chi la sera precedente ha subito un colpo pesante. Sarà così per tanti italiani che vivono questo momento come l’ora più buia della Repubblica. Più buia addirittura del rapimento Moro, perché allora l’attacco alle istituzioni veniva dall’esterno e non dall’interno stesso.

Da ieri sera c’è un discrimine molto forte tra chi, in questo paese, sta con la Costituzione e chi la garantisce e chi no. È un passaggio pesante, pieno di rischi: ma, ognuno, è responsabile di rispondere al meglio alle situazioni che storicamente gli toccano.

Io sto con l’Italia della Resistenza, cofondatrice dell’Europa, capace di creare cultura e bellezza e con un ruolo propositivo nel mondo. Sto con il presidente Mattarella.


Il discorso di ieri del Presidente della Repubblica: http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Discorso&key=833


sabato 26 maggio 2018

Le tende bianche di Cecilia Latella all'ARF di Roma




«Siamo nel 1796, durante la campagna napoleonica in Italia. Virginia si sposta dalle campagne torinesi a Milano, in casa del cugino Giovanni e di sua moglie Luisa. Tra una lettera al padre in guerra e qualche pretendente, nel cuore di Virginia si fa strada un sentimento al quale non osa dare nome, nei confronti della bella Luisa. “Le tende bianche” è un dramma che ricorda da vicino un romanzo e che conquisterà le lettrici di Sarah Waters con un intreccio tra realtà e finzione dal gusto dolceamaro. Un graphic novel unico nel panorama fumettistico italiano.» (Dalla quarta di copertina di Le tende bianche di Cecilia Latella, edito da RenBooks, in anteprima all'ARFestival di Roma, al Macro Testaccio dal 25 al 27 maggio)





venerdì 25 maggio 2018

Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman




«Ho i capelli lunghi, lisci, castano chiaro che mi scendono giù fino alla vita, pelle chiara, il volto di un palinsesto di fuoco. Un naso troppo piccolo e occhi troppo grandi. Orecchie: niente di eccezionale. Altezza più o meno nella media… aspiro alla medietà.»

Eleanor Oliphant, trentenne, vive sola. Lavora (è una contabile molto coscienziosa), ma non ha vita sociale, nessun amico, nessuna attività oltre il lavoro. Non se ne lamenta, anzi ne è orgogliosa. Organizza la sua quotidianità in maniera meticolosa: l’acquisto di cibi (“mangime alimentare”), i programmi della radio, la telefonata settimanale con la madre, i fine settimana passati nel quieto obnubilamento (non ubriachezza) di qualche bottiglia di vodka, la cura di una pianta.

Diffidente, eccentrica, parla poco, ma, spesso, lo fa senza alcuna mediazione rispetto alla situazione o agli interlocutori con effetti involontariamente ridicoli, mantenendo sempre, però, una inattaccabile dignità.

«Sono sempre stata orgogliosa di cavarmela da sola nella vita. Sono l’unica sopravvissuta, sono Eleanor Oliphant. Non ho bisogno di nessun altro: non c’è una grande voragine nella mia esistenza, nel mio puzzle privato non manca alcun tassello. Sono un’entità autosufficiente. O almeno è quello che mi sono sempre detta. Ma l’altra sera ho trovato l’amore della mia vita. Quando è entrato in scena, l’ho capito e basta.»

Eleanor si prepara all’incontro con il musicista che, pensa, sarà l’uomo della vita: «Dovevo trasformarmi dall’interno verso l’esterno o lavorare dall’esterno verso l’interno? Compilai a mente una lista di tutte le modifiche relative all’aspetto fisico che avrei dovuto apportare: i capelli, i peli del corpo, le unghie (delle mani e dei piedi), le sopracciglia, la cellulite, i denti, le cicatrici… tutte queste cose dovevano essere aggiornate, valorizzate, migliorate.»

Scoprirà che la realtà è cosa diversa dall’immaginazione, ma non sarà più sola: nel frattempo, ha trovato un amico premuroso in Raymond, un tecnico di computer, collega di lavoro, e le sedute con una psicologa le consentono di liberarsi di un passato doloroso e, con esso, delle ferite che le aveva lasciato nel corpo e nell’anima.

Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman, pubblicato da Garzanti, caso editoriale dell’anno, è un libro profondamente austeniano. Non per la tematica – la solitudine spersonalizzata, vissuta come una scelta ma motivata da un difficile retroterra (parole dell’autrice in un’intervista) – ma per la luminosità di una narrazione lieve e profonda, seria e ironica, che sembra abbracciare il lettore, tenergli compagnia nell’anima.