giovedì 25 gennaio 2024

Cuore nero di Silvia Avallone, libro bellissimo

 

Dopo quasi quindici anni di “collegio”, Emilia, una giovane donna, dall’abbigliamento approssimativo, non bella se non negli occhi “bellissimi. Ma assolutamente privi di luce, come due stelle morte”, va ad abitare in una vecchia casa, senza elettricità e, quindi, senza neppure la tv, in una frazione isolata e disabitata – due residenti in tutto – di Sassaia. La sua solitudine incontra quella di Bruno – il suo dirimpettaio, maestro elementare di ben tredici alunni nel paese vicino – in un rapporto che li costringe ad affrontare l’ostacolo più arduo: dirsi, dare parole agli eventi che hanno drammaticamente segnato le loro vite, denudarsi da ogni corazza, accettare la verità su se stessi.

Cuore nero, quinto romanzo di Silvia Avallone, edito da Rizzoli, è un percorso dentro il male. Non tanto quello prodotto dalla società, (povertà, mancanza di cure) o da cause spiegabili – “Non è che se sommi la morte di tua madre, la dislessia, il bullismo, ottieni una spiegazione. Lo so. Non siamo una catena di cause ed effetti. Non funzioniamo come la gravità, la pioggia o un’addizione. Ma quello che abita misteriosamente il cuore, conducendolo ad azioni distruttive e autodistruttive: sabotaggio ed autosabotaggio alla vita. Ed è, nello stesso tempo, un percorso dentro l’amore, unica possibile risposta al male stesso: “Se ami una persona, non puoi prescindere da quello che è, ed è stata. Non puoi suddividerla in parti, scegliere solo quelle che ti fanno comodo. Devi accettarla intera.”

Perché il male alla fine, si identica, per chi non l'ha commesso, col “non saper perdonare” l’altro/a che ha sbagliato – il che implica empatia e generosità: non semplici, ma tuttavia non impossibili – ma è ancora più difficile da superare per l’autore stesso del male che deve scalare la montagna più alta e sprofondare nel punto più basso dell’oceano per trovare il coraggio di ripartire dal buono che, comunque, è rimasto in lui/lei. Ci sono buchi che non puoi riempire. Che resteranno lì per sempre, neri e profondi. Però, se vorrai, potrai costruirci una vita intorno. Come ricresce l’erba sul bordo dei crateri. Come si possono ornare i pozzi con vasi di fiori. La tua vita sarà sempre un anello intorno a questa voragine. Te la senti di accettarlo?”

Una lingua robusta e mobile – né letterariamente artificiosa né banalmente colloquiale – un ritmo quasi da giallo di qualità, una forte capacità di descrivere la complessità di un cuore devastato e di entrare nei complessi meccanismi della mente innervano una trama coinvolgente, punteggiata di domande e riflessioni per un libro molto bello, che fa entrare la Avallone nella sua maturità artistica.

Se la mia valutazione da lettrice appassionata premia il libro – sulla cui vicenda non voglio soffermarmi per lasciare al lettore il piacere di scoprirla – con il massimo di stelline, ancora più alto è il mio apprezzamento come ex insegnante, e per lungo tempo, in un carcere minorile, dove molto mi sono occupata di scrittura.

Nel 1999, quando la coprotagonista di Cuore nero lascia Nisida per arrivare al minorile di Bologna, a Nisida c’era davvero la sezione femminile – con ragazze che non dimenticherò; (la Biblioteca è stata resa operativa durante l'anno scolastico 2001-2002) – ma a Bologna, al Pratello, c’erano solo ragazzi. La Avallone inventa, cioè, un minorile femminile a Bologna, e lo fa con grande sensibilità e credibilità, dando tra l’altro spazio all’importanza che in quel contesto ha e/o può acquisire la scuola. “Frau Direktorin era un’inguaribile romantica: ci credeva, alla giustizia riparativa, al riscatto attraverso la cultura. (…) Leggenda vuole che quella mattina d’aprile Vargas si fosse alzata dalla sedia sfidandola: ‘Se ci riesce, a portarmi il liceo in gattabuia…’ E che già dal giorno seguente Frau Direktorin si fosse presentata al provveditorato con una testa d’ariete, avesse rotto i coglioni al ministero, si fosse attaccata al telefono per settimane, cocciuta, urlante, imprecante, inarrestabile. Finché non un liceo (non esageriamo), ma l’istituto professionale alberghiero Artusi, sì: aveva aperto una succursale al penale femminile, cambiando per sempre i destini non di tutte, ma di alcune. E come le redimiamo queste, sennò?Senza la Storia, senza Pascoli, Manzoni, Dante? ‘Fatte non foste a viver come brute’! Avanti, a studiare!

 

domenica 21 gennaio 2024

Microstorie: La ragazza coi calzini

 

L’anno non me lo ricordo, immagino che ero già al liceo, ma ricordo ancora – meglio: se ci penso, la riprovo ancora – la sensazione di tepore: meravigliosa. La prima volta che ho indossato un pantalone è stata, infatti, la prima volta che non ho sofferto, d’inverno, il freddo alle gambe.

Il cammino verso una più autonoma identità femminile è passato, per la mia generazione, anche da fatti minuti: la sostituzione dei calzini, dopo un po’ di tempo con le calze di nailon e relativi reggicalze, con i collant e, appunto, con la possibilità di sostituire la gonna con un più comodo e calco pantalone.

Stamattina – ore 8.30, temperatura segnalata 2 gradi – in una strada del centro ho incontrato una ragazza sui venti anni, che camminava con grazia. Portava un cappotto elegante e tutto il suo abbigliamento appariva costoso. Non era, quindi, per miseria che portava calzini bianchi corti e il resto delle gambe nude. Avrei voluto chiederle: Perché?

 

lunedì 15 gennaio 2024

La mappa letteraria di Nisida

Sulla Lettura di ieri è apparsa una interessante mappa letteraria di Napoli curata da Mirella Armiero. Napoli ha una straordinaria geografia narrativa. Qualche anno fa compilai un elenco degli autori che hanno scritto sull’isola di Nisida, piuttosto nutrito ma sicuramente arricchibile. Eccolo:


La Dama Nisida

a cura di Maria Franco

 

Piccola e bellissima già nel suo nome, Nisida è stata, nei secoli, un punto di intersezione di storie e civiltà, una fonte costante di ispirazione per scrittori e poeti.

 

Per Victor Bérard, “Nesis” non è una “piccola isola” qualunque, ma proprio “la piccola isola”, Nisida. Secondo lo studioso, Omero[1] avrebbe cantato Nisida con questi versi (Odissea IX, vv. 116-124, traduzione di Rosa Calzecchi Onesti):

 

Un’isola piatta davanti al porto si stende,

non vicina, né molto lontana dalla terra dei Ciclopi,

boscosa, e vi nascono capre infinite,

libere: passo d’uomini mai li spaventa,

né i cacciatori le inseguono, che tra le selve

sopportano stenti, correndo le cime dei monti.

Né da pastori son possedute, né da aratori,

ché l’isola, sempre inseminata e inarata,

d’uomini è vuota, nutre capre belanti.

 

e avrebbe descritto così Porto Paone (Odissea IX, vv. 136-141):

 

C’è un porto comodo, dove non c’è bisogno di fune,

o di gettar l’ancora o di legare le gomene,

ma basta approdare e restare a piacere, fino a che l’animo

dei marinai non fa fretta o non spirino i venti.

In capo al porto scorre acqua limpida,

una sorgente sotto le grotte: pioppi crescono intorno.

 

Di Nisida si legge in molti autori latini.

Nell’epoca romana hanno parlato di Nisida autori come Stazio, Plinio che esaltò i suoi asparagi, Cicerone, Seneca.

Cicerone[2], nelle lettere ad Attico, dice di essere stato a Nisida ospite di Bruto. Pare infatti accertato che Bruto abbia costruito qui una sua residenza estiva e che sia stata organizzata in questo luogo la congiura contro Cesare. Cassio aveva una villa poco lontano.

Annota Cicerone: “Nonis Quinctilibus veni in Puteolanum. Postridie iens ad Brutum in Nesidem haec scripsi” (Sono arrivato a Pozzuoli alle none [il 7] di luglio. L’altro ieri andando da Bruto a Nisida ho scritto queste cose) e poi “In Nesida VIII Idus. Ibi Brutus” (Nisida, ottavo giorno prima delle Idi. Qui [c’è] Bruto), e il giorno dopo: “Bruto tuae litterae gratae erant. Fui enim apud illum multas horas in Neside, cum paulo ante tuas litteras accepissem” (Bruto ha gradito le tue lettere. Sono stato presso di lui molte ore a Nisida, poco prima che ricevessi la tua lettera). E dopo qualche giorno: “Brutus erat in Neside etiam nunc, Neapoli Cassius” (Bruto era a Nisida anche ora, Cassio a Napoli).

 

Scrive Seneca[3] (Epistole a Lucilio, libro VI.53.1): “Itaque quo celerius evaderem, protinus per altum ad Nesida derexi praecisurus omnes sinus” (Per andarvi più rapidamente, mi diressi subito verso Nisida nel mare aperto, per tagliare i golfi).

Nella Naturalis Historia, Plinio[4] osserva: “Nam quod in Neside Campaniae insula sponte nascitur, longe optimum existimatur” (Ciò che nasce spontaneamente a Nisida, isola della Campania, è reputato ottimo).

 

Anche Stazio[5] parlò di una Nesis “circumflua pelago” e Marziale[6]  la cantò come il luogo del tragico gesto di Porzia (Epigrammi I.42):

Coniugis audisset fatum cum Porcia Bruti,

et subtracta sibi quaeret arma dolor,

«Nondum scitis» ait «mortem non posse negari?

Credideram fatis hoc docuisse patrem».

Dixit et ardentis avido bibit ore favillas.

I nunc et ferrum, turba molesta, nega.

 

(Quando dello sposo Bruto Porzia udì il fato,

e il dolore le chiedeva un’arma negata,

«Non sapete» disse «che non si può negare la morte?

Avrei creduto che il suo destino ve l’avesse insegnato».

Disse, e faville ardenti bevve dall’avida bocca.

Va’ ora e nega, turba molesta, il ferro)

 

 

Nel Medioevo, Beda[7] il venerabile nella sua Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum tramanda (libro IV): “Erat autem monasterio Nisidano, quod est non longe a Neapoli Campaniae, abbas Hadrianus vir natione Afer, sacris litteris diligenter inbutus, monasterialibus simul et linguae peritissimus. Hunc ad se accitum papa iussit episcopatu accepto Britanniam venire”. (Viveva nel monastero di Nisida, non lontano da Napoli in Campania, l’abate Adriano, di nazionalità africana, uomo diligentemente imbevuto di sacre scritture, così come nelle faccende monastiche e esperto nella lingua. Quindi chiamatolo a sé il papa gli ordinò di andare in Britannia, avendogli fatto accettare l’episcopato). In realtà, Adriano, che a Nisida era giunto dopo essere fuggito dalla Libia davanti all’invasione araba, chiede al papa Vitaliano di nominare vescovo di Canterbury Teodoro di Tarso, che sarà uno dei più grandi arcivescovi inglesi. A sua volta Teodoro nominò Adriano abate del monastero dei Santi Pietro e Paolo, successivamente re intitolato a Sant’Agostino. Sotto la guida di Adriano, che conosceva Omero a memoria e trasmise in Inghilterra la conoscenza del greco (cfr. Reading Old English Texts di Kateherine O’Brien O’Keefe), e grazie all’influenza di Teodosio, il monastero divenne uno dei più importanti centri di formazione per molti futuri vescovi ed esercitò una notevole influenza sulla cristianità del tempo. Morì il 9 gennaio probabilmente dell’anno 710 e in quel giorno viene festeggiato come sant’Adriano di Canterbury.

 

 

Boccaccio[8], nel V capitolo della Fiammetta, parla di Nisida come un’isola abbondante di conigli. Nel periodo angioino, Nisida divenne un ricercato luogo di dimora. Qualcuno dice che anche la regina Giovanna vi abbia fatto costruire una casina di caccia.

 

L’interesse suscitato da Nisida tra gli autori del ‘400 e del ‘500 è dimostrato dai riferimenti all’isola presenti nell’opera di Pontano e Sannazzaro, che vi hanno ambientato alcune loro opere e l’hanno rappresentata come una Ninfa, figlia di Nereo, nata dal mare.

Pontano[9] ne parla nella Lepidina, la prima delle sei Egloghe.  

E un canto d’amore innalza Sannazzaro[10], nell’Egloga Duodecima  dell’Arcadia:

 

Dimmi, Nisida mia così non sentano

Le rive tue già mai crucciata Dorida,

Né Pausillipo in te venir consentano;

Non ti vid’io poc’anzi erbosa e florida,

Abitata da lepri, e da cuniculi?

Non ti vegg’or, più che altra, incolta ed orida?

Non veggio i tuoi recessi e diverticuli

Tutti cangiati; e freddi quelli scopuli,

Dove temprava amor suo ardenti spiculi?

 

L’amore tormentato di Nisida e Posillipo è così raccontato nei versi di Bernardino Rota[11]:

 

Spiega, e rivolge all’onda pura, e fresca

Pausillipo, ch’ancora piange, e sospira,

E grida. Ahi quanto invan Nisida amasti,

o Pausillipo, un tempo: ahi come spesso,

Mentre ella era a seguir le fere intenta,

Con le tue voci i suoi piacer turbasti.

Ah misero, ah dolente, a che te stesso

Cerchi perder seguendo? Indarno tenta

Ella da te fuggire: or basso, or’alto

Corre per tutto il colle e non è valla,

Né sì riposto speco, ove non entre,

Sol per campare dall’amoroso assalto.

Dovunque torce il piè, par ch’alle spalle

Ad ora ad or le sopraggiunga; e mentre

Crede lontan da te correr secura

Ogni fronde, ogni fior, che move il vento,

La fa volger’indietro; e ciò che intende,

Ciò che vede, l’apporta ombra e paura;

E quanto fugge più, tanto più lento

Le pare il corso, e se stessa riprende.

Ahi troppo incauto, ahi troppo fiero, e crudo,

Tu segui chi non fugge? Ove ne vai?

Nisida è giunta al mar, come non vedi

Nisida tua già scoglio orrido e nudo?

Ne fugge più, né più teme omai,

E pur’oltra la segui, e sì nol credi?

 

In epoca arcadica, Giovan Battista del Tufo[12] descrive così la “piccola isola”:

 

Più innanzi ha per custode una isoletta

colma d’ogni piacer Nisita detta

che sol per essa è ferma in mezzo al mare,

notte e dì sempre attenta a vigilare,

ove prender potreste

ogni trastul, che voi donne vorreste,

et a cento di voi mariti e figli

gli sarian dati lepori e conigli.

 

Nel poemetto Il podere, così dice il Tansillo[13], rivolgendosi al maggiordomo della famiglia Piccolomini:

 

Però Nisida bella assai men costa

al vostro e mio signore; a cui Fortuna

devria far d’oro i sassi de la costa,

o donar tutto a lui, raccolto in una,

quanto tesoro, in queste parti e ‘n quelle,

per le molte arche altrui sparge e raguna.

So che quelle donne valorose e belle

E le persone dotte e virtuose

Non si dorriano si spesso de le stelle;

e Nisida, s’or’è de le vezzose

che cinga il mar da Gadi a Negroponte,

saria de le più ricche e più famose;

la qual, se in quei primi anni ebbe occhi e fronte

dolci come or, non paia strano a vui,

che ardesse del suo amor il vicino monte.

 

È della seconda metà del ‘600, un’opera di A. Perucci[14] che contiene questi versi:

 

Per Niseta pegliaie dritto la via

La falluca e ‘nnauzzatte la bannera;

E Tartarone stea co bezzaria

Tutto ‘ncriccato co na bella cera.

 

Nel suo Viaggio poetico pe’ Campi Flegrei del 1813, Giulio Genoino[15] scriveva:

 

Nisida che l’indomito

Bruto già tenne; e il vide

Fremere de la Patria

Su le fortune Infide.

 

Nisida è presente in molti autori stranieri.

La canta Luis de Gongora[16]:

 

Trompa Triton del aqua a la alta greta

de Nisida tributa

Nimpha por quin lucientes son corales.

 

Canta Tritone del mare sull’alto burrone

Di Nisida rendi omaggio

Alla ninfa per la quale brillano i coralli.

 

Ne parla Calderon de la Barca[17] nelle Obras Escogidas , in particolare in The Two Lovers of Heaven Chrysanthus and Daria, e in Nadie fíe su secreto in cui Nisida è una dama.

 

Anche Cervantes[18], nella Galatea, ne parla come di una bellissima donna, che fa innamorare due amici: “Silerio, raggiunto a Napoli l’amico Timbrio, fuggito di Spagna per una faida scoppiata tra famiglie rivali, si impegna a intercedere per lui presso la bellissima Nisida; ma ben presto anche il suo cuore si accende per la fanciulla, alla quale però non confessa il suo amore per non tradire la fiducia dell’amico. Nisida ricambia di buon grado i sentimenti di Timbrio e quando questi partecipa ad un’impresa di guerra, chiede a Silerio di comunicarle la salvezza dell’amato con un segno convenzionale. Silerio dimentica il segnale e Nisida cade a terra, creduta morta da tutti. Timbrio disperato torna in Spagna seguito da Silerio che invano lo cerca per averne il perdono e si ritira infine in penitenza”. (Ilide Carmignani, Dizionario dei capolavori, Enciclopedia Europea Garzanti)

 

W.P. Waiblinger[19], giovane poeta tedesco, nel 1827 descrive Nisida così: “Simile al fanciulletto dalle tonde guancie vermiglie che non osa ancora dilingarsi dalla madre, tu spunti graziosa dal grembo dell'onde scherzose e ti stringi infantilmente peritosa alla tua madre, la terra”.  

 

Alexandre Dumas[20] padre, che parla di Nisida anche nella Sanfelice, raccoglie nei Crimes Célèbres una novella intitolata Nisida, per la cui scrittura si avvalse di un collaboratore, Pier Angelo Fiorentino. Nella novella, Nisida è ancora una volta una bella fanciulla, figlia di un pescatore, il cui onore è messo in pericolo da un principe, ucciso dal fratello di lei, a sua volta ucciso dal padre per evitargli un processo che trascinerebbe anche la ragazza in uno scandalo. “Il volto inondato dalla luce, i piedi nascosti sotto un mucchio di ginestre e di rose, Nisida – vi si legge – si stagliava grande e bella contro una chiara nuvola d’incenso, come una celestiale apparizione. (…) Nisida (…) era (…) il più bel fiore dell’isola da cui aveva preso il nome. Quest’isola è il luogo più incantevole, l’angolo più delizioso che conosciamo; è un cesto di verdura posato con grazia nel bel mezzo delle acque pure e trasparenti del golfo, una collina ricoperta di aranci e di lauro rosa, coronata, in cima, da un castello di marmo. Tutt’intorno si stende la magica prospettiva di questo immenso anfiteatro, una delle più grandi meraviglie della creazione. E’ Napoli, la voluttuosa sirena, mollemente adagiata sulla riva del mare…”.

 

 

Appare anche nella Corinne di Madame De Stael[21], in Graziella di Lamartine[22] e nelle Nouvelles méditations poetiques dello stesso autore, in Gerard De Nerval[23], in Jettatura di Theophile Gautier[24], nelle opere di George Eliot,[25] e nella Strega acquatica di James Fenimore Cooper[26].

Jane Catherine Gamble[27] è autrice di un dramma in cinque atti, Il pescatore di Nisida.

 

Matilde Serao[28] scrive nella La leggenda dell’amore pubblicata nelle Leggende napoletane: “Vi fu una volta un giovanetto leggiadro e gentile, nel cui volto si accoppiava il gaio sorriso dell'anima innocente, al malinconico riflesso di un cuore sensibile: egli era, nel medesimo tempo, festevole senza chiasso e serio senza durezza. Chi lo vedeva, lo amava; e la gente accorreva a lui, come ad amico, per allietarsi nella sua compagnia. Ma il bel giovanetto fu molto, molto infelice; gli entrò nell’anima un amore ardente, la cui fiamma, che saliva al cielo, non valse ad incendere il cuore della donna che egli amava. Era costei una donna di campagna, cui era stato dato in dono la bellezza del corpo, ma a cui era stata negata quella dell’anima: ella era una di quelle donne incantatrici, fredde e malvagie che non possono né godere, né soffrire. Paiono fatte di pietra, di una pietra levigata, dura e glaciale; vanno in pezzi, ma non si ammolliscono; cadono fulminate senza agonizzare. Tale era Nisida, colei che fu invano amata dal giovinetto; poiché nulla valse a vincerla. Allora lui che si chiamava Posillipo, amando invano la bella donna che viveva di faccia a lui, per isfuggire a quella vista, che era il suo tormento e la sua seduzione, decise precipitarsi nel mare e finire così la sua misera vita. Decisero però diversamente i Fati e rimasto a mezz’acqua il bel giovanetto, vollero lui mutato in poggio che si bagna nel mare; ed ella è uno scoglio che gli è dirimpetto: Posillipo, poggio bellissimo dove accorrono le gioconde brigate, in lui dilettandosi, Nisida destinata ad albergare gli omicidi ed i ladri, che gli uomini condannano alla eterna prigionia – così eterno il premio, così, eterno il castigo”.

 

Benedetto Croce[29] in un articolo su Napoli nobilissima descrive  il penitenziario a forma rotonda, a tre piani.

Del penitenziario aveva in precedenza parlato anche  Luigi Settembrini[30] nelle Ricordanze della mia vita.

Anche Hector Berlioz[31] ha lasciato nel suo diario belle pagine sulla sua visita dell’isola di Nisida. Passeggiando sulla riva, pensando prima a Tasso, poi ad altri poeti d’amore, si ricorda della Galatea e vuole visitare l’isola che porta il nome dell’affascinante fanciulla del poema pastorale. Prova a noleggiare una barca e gli chiedono un prezzo esorbitante, circa 30 franchi, che lui paga ma per avere ben otto vogatori: raggiunge l’isola in un lampo, dove si ferma a godere il panorama, accompagnato da un soldato francese che gli spiega le caratteristiche dell’isola, chiedendogli in cambio di pregare per lui.

L’isola è presente anche nel diario di viaggio di Felix Mendelssohn[32] nonché nel Viaggio in Italia di Hippolyte Taine[33] e appare in un’operetta omonima di Franz Friedrich Richard Genée.

La favorita di Gaetano Donizetti[34] è la ripresa di L’angelo di Nisida, mai rappresentato.

 

Nel 1848 fu messo in scena un balletto pantomima dal titolo Nisida o le Amazzoni delle Azzorre (librettista Delavigne, musica di Benoist, coreografia Mabille, scenografia Ciceri, Philastre, Cambon Thierry, costumi Lormie)

 

Nisida è presente anche in molti autori del ‘900, per esempio, Grazia Deledda[35] (Il nostro padrone), Anna Banti [36] (Noi credevamo), Elsa Morante[37] (L’isola di Arturo).

 

Di Nisida parla Sandor Marai [38], nei suoi Diari. Così, nella sintesi di Elisabetta Rasy: “Quasi quotidianamente scende lungo via Posillipo per raggiungere il Parco Virgiliano, tappa d’obbligo per i viaggiatori sette-ottocenteschi del Grand Tour. L’osservazione si trasforma in visione: ‘Lungo i sentieri più alti del Parco Virgiliano un pastore conduce un grande gregge di pecore. Il pastore impugna un bastone nodoso dal manico ricurvo, le pecore belano pacificamente mentre si aggirano tra le pietre della villa che un tempo fu di Virgilio e di Lucullo. Da queste parti si sperimenta ancora nella realtà della vita quotidiana ciò che in Omero e Virgilio si è trasformato in mito’. Altre volte da via Ricciardi sale fino alla cima di Posillipo, con la vista che spazia sui golfi di Napoli e Pozzuoli e sull' isolotto di Nisida, stupefatto dalla mitezza dell’inverno napoletano. È una figura singolare e gli abitanti del luogo cominciano a riconoscerlo e a fantasticare sullo straniero. ‘Siedo senza cappotto sul parapetto di pietra sopra il golfo che circonda il porto di Nisida. I miei amici, i fiorai di Posillipo, mi salutano affettuosamente. Negli ultimi tre anni ci siamo visti quasi tutti i giorni. Con il passare del tempo sono salito di rango. All’inizio ero il professore, poi hanno cominciato a chiamarmi commendatore. Da qualche tempo sono il Signor Conte’”.

 

Edoardo Bennato[39] ha dedicato a Nisida una famosa canzone, Nisida appunto, che gioca proprio sul suo status di “isola – non isola”:

 

No no no no, quando arriva l’estate
no no no no, non lasciatevi suggestionare
dai cataloghi che vi parlano di isole incantate
e di sirene-e in offerta speciale

No no no no, non cercate lontano
quello che avete qui a portata di mano

a questo punto vi starete certamente chiedendo
chissà stavolta questo dove vuole andare a parare...

Venite tutti a Nisida, ya ya ya ya ya Nisida
ya ya ya ya ya Nisida un’isola e nessuno lo sa!...

No no no no, niente voli speciali
e neanche traversate intercontinentali
per arrivarci basta solo la Cumana
Nisida così vicina così lontana

Coi suoi giardini e il porto naturale
con l’Italsider alle spalle che la sta a guardare
Nisida sembra un’isola inventata
ma mio padre mi assicura che c’è sempre stata!...

Venite tutti a Nisida, ya ya ya ya ya Nisida
ya ya ya ya ya Nisida un’isola e nessuno lo sa!...

Non un problema ecologico per carità
Nisida un classico esempio di stupidità!...

Venite tutti a Nisida, ya ya ya ya ya Nisida
ya ya ya ya ya Nisida un’isola e nessuno lo sa!...

 

 

Molti i riferimenti a Nisida, questa volta, in relazione alla presenza del carcere minorile,  anche in opere recenti, per esempio, La città perfetta di Angelo Petrella[40].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Tradizionalmente considerato l’autore dell’ Iliade e dell’Odissea, Omero è vissuto tra il X e l’VIII secolo a.C.

Con Dante e Shakespeare, è universalmente considerato il più grande poeta della storia dell’umanità.

[2] Cicerone una delle personalità più importanti della latinità, filosofo, oratore, scrittore prolifico, vissuto nel primo secolo a. C.

[3] Filosofo, politico e drammaturgo latino, esponente massimo dello stoicismo a Roma; fu  contemporaneo di Gesù Cristo.

[4] Storico, scienziato e grammatico latino, assistette e descrisse l’esplosione del Vesuvio nel 79 d.C.

[5] Poeta epico, autore della Tebaide, noto per la grande moralità lodata da Dante.

[6] Il più grande epigrammista in lingua latina.

[7] Vissuto tra il 600 e il 700 d.C., monaco e storico, considerato il padre della storia inglese; è dottore della chiesa cattolica.

[8] Tra i massimi autori della letteratura italiana e tra i più grandi novellisti mondiali, autore del Decameron.

[9] Massimo rappresentante dell’umanesimo napoletano del Quattrocento.

[10]Autore dell’Arcadia, noto poema pastorale da cui prese il nome l’omonima accademia.

[11]Poeta napoletano del Cinquecento, espressione del marinismo meridionale, autore delle Egloghe piscatorie.

[12] Marchese; autore cinquecentesco di quel Ritratto o modello delle grandezze e  maraviglie  della nobilissima città di Napoli, preziosa testimonianza del folklore napoletano.

[13]Poeta cinquecentesco di ispirazione petrarchista e marinista, che recuperò anche il genere georgico-didascalico

[14] Andrea Perucci, siciliano di nascita ma vissuto a Napoli, famoso commediografo, alla fine del seicento scrisse quel Verbo umanato, che continua ad essere messo in scena come Cantata dei pastori.

[15]Poeta e librettista, autore di famose canzoni in italiano e in napoletano, tra cui Fenesta ca lucive.

[16] Vissuto tra la seconda metà del Cinquecento e il primo terzo del Seicento, religioso, poeta e drammaturgo del Secolo d’Oro, il più grande esponente della corrente letteraria del gongorismo.

[17] Drammaturgo spagnolo del Seicento, autore famoso soprattutto per La vita è sogno.

[18] Il più grande autore spagnolo – la lingua spagnola è definita la lingua di Cervantes – universalmente noto per il Don Chisciotte

[19] Poeta romantico tedesco, morto nel 1830 ad appena 26 anni.

[20] Autore francese dell’Ottocento, straordinariamente prolifico. Tra le sue opere maggiori I tre Moschettieri, Venti anni dopo, Il Visconte di Bragelonne. Al seguito di Garibaldi, partecipò alla spedizione dei Mille e, arrivato a Napoli come direttore dell’Indipendente, inviò dei libri ai detenuti dell’allora  Real Bagno Penale di Nisida. Nei “Delitti celebri” è pubblicato un racconto “Nisida” scritto per lui dal napoletano Pier Angelo Fiorentino. Ad A. Dumas è intitolata la biblioteca dell’IPM.

[21] Grande promotrice culturale, vissuta tra la seconda metà del Settecento e il primo ventennio dell’Ottocento, si inserì nel dibattito tra classicisti e romantici in Italia.

[22] Scrittore, politico e poeta romantico francese dell’Ottocento.

[23] Poeta francese dell’Ottocento, dimenticato in Italia dove è stata cancellata dai cataloghi anche la sua opera più importante, Sylvie.

[24]Scrittore, poeta, giornalista, critico letterario francese dell’Ottocento, autore di Capitan Fracassa.

[25] Pseudonimo di Mary Anne Evans, scrittrice inglese dell’Ottocento, una delle più importanti dell’epoca vittoriana.

[26]Scrittore statunitense, molto noto nei primi anni del diciannovesimo secolo, autore di L’ultimo dei Mohicani.

[27]Scrittrice inglese dell’Ottocento; poetessa, traduttrice e soprattutto autrice di testi teatrali.

[28]Scrittrice e giornalista, vissuta tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, fu la prima donna italiana a fondare e dirigere un giornale, Il giorno di Napoli.

[29] Filosofo, storico, scrittore, politico italiano, ideologo del liberalismo novecentesco, una delle più importanti figure della cultura italiana della prima metà del secolo XX.

[30]Patriota e scrittore, conobbe le carceri borboniche in quanto propugnatore dell’unità d’Italia. Scrisse, tra l’altro Le ricordanze della mia vita.

[31]Compositore francese dell’Ottocento. Viene considerata il suo capolavoro La sinfonia fantastica.

[32] Compositore, direttore d’orchestra, pianista dell’Ottocento. Considerate le sue opere maggiori le 5 Sinfonie.

[33] Filosofo e storico francese dell’Ottocento, considerato il maggior teorico del naturalismo.

[34] Compositore italiano dell’inizio dell’Ottocento, di cui vengono tuttora rappresentate in tutto il mondo le opere più importanti, L’elisir d’amore, la Lucia di Lammermoor  e il Don Pasquale.

[35]Vissuta tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, è stata l’unica scrittrice italiana a vincere, nel 1926, il premio Nobel per la Letteratura. Tra i suoi romanzi più noti Canne al vento, Elias Portolu, Marianna Sirca.

[36]Autrice di romanzi quali Artemisia e Noi credevamo, fu, insieme al marito, Renato Longhi, l’anima della rivista Paragone, intervenendo nel dibattito culturale e artistico di buona parte del Novecento italiano.

[37]Figlia di un istitutore di un riformatorio per minorenni, è delle più grandi autrici del Novecento italiano, nota in particolare per  i romanzi L’isola di Arturo e La storia e la raccolta di poesie Il mondo salvato dai ragazzini. La biblioteca  Dumas di Nisida ha una sezione Elsa Morante. Il premio Morante ragazzi comprende uno speciale, “Nisida-Roberto Dinacci”.

[38]Scrittore ungherese del Novecento, la cui fama è legata in particolare al romanzo Le braci.

[39]Cantante e musicista contemporaneo, fondatore della Nuova compagnia di canto popolare.

[40]Giovane scrittore napoletano, critico letterario e autore per il cinema.