venerdì 30 maggio 2014

Suffragi e festeggiamenti






M’era capitato qualche anno fa. 

Alla Messa che doveva ricordare la recentissima morte di un ragazzo molto giovane, mi ritrovai, vicino ai genitori affranti, davanti al festeggiamento (vistoso) di un qualche anniversario di nozze. 

Questa volta, a differenza dalla precedente (e in luogo diverso), il celebrante è stato molto bravo e ha sapientemente legato il ricordo di una signora scomparsa da un mese al conferimento della Cresima (sobrio) ad un bel gruppone di ragazzi e giovani nonché ad altro signore scomparso da più lungo tempo.

Sarà un limite del mio essere “apprendista cristiano” (che Dio, certo, raccoglie tutte le umane storie di dolore e di gioia, di buio e di luce), ma trovo queste mescolanze davvero sgradevoli.


Nell'immagine, la Madonna della Consolazione del Santuario di Brognaturo (VV)



domenica 25 maggio 2014

La fragile costellazione della vita, un libro bellissimo





Ho appena finito La fragile costellazione della vita, un romanzo sulla Cecenia in guerra.

Un libro bellissimo, commovente ed emozionante (non perché ti fa piangere, ma perché di muove cuore e cervello). Capace di far entrare dentro le pieghe del mondo ex- sovietico, lasciando nel lettore un silenzio abitato di persone, idee ed emozioni.

Il giovanissimo autore (meno di trenta anni), Anthony Marra, lo presenta così: «Questo romanzo parla delle cose che sopravvivono dentro di noi quando tutto intorno crolla: città, istituzioni, il tetto sopra la nostra testa. Parla dell’amore di un genitore per un figlio, dell’amore di una sorella per una sorella, dell’amore che nasce tra due sconosciuti, con tutte le complessità e i sacrifici che l’amore stesso richiede».

A me sembra che parli di questo e di molto di più. Degli uomini e della loro coscienza. Dei vincoli che le azioni di ciascuno, giuste o sbagliate che siano, creano con gli altri, di generazioni anche successive. Della trama della storia collettiva che ognuno, consapevole o meno, intesse giorno dopo giorno con le sue scelte. Della libertà e responsabilità che si può assumere anche dentro l’orrore più assurdo. Che, nonostante tutto, si può provare a diventare un anemone di mare.

venerdì 23 maggio 2014

Elezioni europee, maggioranze vincenti e inutili residui





Scrive Mara Rechichi che lei vorrebbe tanto votare, domenica prossima, ma non glielo fanno fare. (http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/68591-io-alle-europee-vorrei-votare-ma-non-me-lo-fanno-fare.html). Non ho il suo problema, ma davvero capisco poco come non si riesca, con la tecnologia avanzante, a fare in modo che si possa votare non necessariamente sotto casa.

Non mi è piaciuta la campagna elettorale. Non che mi aspettassi un altissimo livello di dibattito.

Ma l’aver ridotto, in larga parte, quello che avrebbe dovuto essere il confronto – serrato, polemico, ma RAZIONALE – sull’ Europa che vogliamo in un ring di mazzate (non direi di boxe, che, anch’essa, può essere sport nobile), inquinando ulteriormente l’aria del paese con (ulteriori) cumuli di veleno lo trovo davvero una gran brutta cosa.

E c’è un’altra cosa che sempre più mi infastidisce. Questo dover essere di un gruppo o di un altro, comunque vincenti, pena l’essere un residuo inutile. Non parlo delle soglie di ingresso nei vari consessi (che fanno parte della democrazia), ma proprio di questo naso troppo arricciato verso chi la soglia magari non la supererà (e non è detto che non proponga cose magari migliori di chi vincerà).

Perché la democrazia è la cosa migliore che abbiamo inventato e la dobbiamo difendere con le unghie e con i denti. Ma le maggioranze che escono dalle elezioni non necessariamente sono…perfette.

martedì 20 maggio 2014

Piccoli eroi del quotidiano, oltre il "nonostante"





È un miracolo che, nell'attuale Italia a forte dimensione brutta, volgare, rancorosa, in una parola: deprimente, continuino davvero in tanti ad alzarsi, la mattina, e provare, per tutto il giorno, a fare il proprio dovere.

Tra gli eroi del “nonostante”, i molti insegnanti che ci provano. Giorno dopo giorno, magari con una fatica immane. Un po’ come quella di questo mio racconto, dal titolo L’insegnante e la speranza dispersa pubblicato su Zoomsud http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/68450-il-racconto-l-insegnante-e-la-speranza-dispersa.html.


Sarà la stanchezza. Del resto, maggio è un mese faticoso. La corsa alle ultime interrogazioni, giudizi e relazioni finali da approntare. Ma c’è, nella mia stanchezza, qualcosa che poco ha a che fare col lavoro in più a scuola e i dopocena al computer, a completare carte di dubbia utilità. E, molto, col senso stesso del mio lavoro.

E non dico dell’insegnamento della lingua o della storia, difficili sì, ma siamo ancora dentro quelle difficoltà che è entusiasmante provare a sbrogliare, come si tirerebbe fuori ogni energia per uscire da un groviglio di rovi.

L’angustia viene soprattutto da quella che un tempo si chiamava Educazione civica e, poi, è diventata Costituzione e Cittadinanza.

Ho superato da tempo i cinquanta anni, eppure mi batte ancora forte il cuore a leggere dei tanti che, in un modo o nell’altro, hanno pagato con la vita l’idea di uno stato unitario, uno d'arme, di lingua, d’altare: libero e giusto. E le lacrime mi scorrono facili a leggere, che so, di Borsellino o a rivedere l’urlo, immortale, della Magnani in Roma città aperta.

Per molti anni, ho iniziato il mio anno scolastico scrivendo alla lavagna l’articolo 34 della Costituzione, quello sulla scuola e, poi, leggendo il numero 3. È stato il mio modo per dire: ecco, vedete, magari intorno a voi non tutto è buono e bello, PERO’ NOI SIAMO QUESTO PAESE QUA. Insomma, credevo nel “nonostante”. Nonostante il lavoro in nero di vostro padre, nonostante vostro fratello, brillantemente laureato, sia dovuto andare lontano a lavorare, nonostante le strade rotte e, magari, qualche bomba ogni tanto al negozio vicino alla piazza, nonostante la nostra regione resti così marginale: ecco, voi potete, crescendo, rendere migliore il GRANDE paese in cui vivete.

Poi qualcosa mi si è spezzato dentro. Non per un fatto preciso, ma per un accumulo di male. Ecco, lo so che ci sono tante persone per bene e chi cerca ancora di fare il proprio dovere e di dare alle parole – libertà, giustizia, uguaglianza, lavoro, famiglia – un senso proprio. Ma mi sento come sommersa da onde altre.

Troppo brutta è diventata questa terra, la mia terra, indifferenza e corruzione la corrodono dall’interno, rendono opaca anche la luce del sole che oggi, nel cielo cristallino, non potrei che definire trionfante. 

Un/una insegnante può essere anche bravo a metà, ma non può essere disperato neppure un po’. Perché, tra i suoi doveri, ha quello di indirizzare al luogo in cui i suoi alunni diventeranno grandi: il futuro.

A dire il vero, i miei studenti – belli, come si è tutti belli a quell’età – non sono disperati. Del resto, non potrebbero esserlo, non conoscendo la speranza. In fondo, non sanno cosa sia. Vivono il presente, senza troppe attese di domani. Sono nati e cresciuti in un paese progressivamente più brutto, più ignorante, più volgare, respirando miasmi, la cui puzza resta sempre, se non sulla pelle, nell’anima.

Se nessun altro lo fa, dovrei essere almeno io – lo so – a fargli scoprire le ragioni della speranza.

Ma dove lo trovo più quel ritmo del futuro che, scorrendo nelle vene, spinge COMUNQUE a costruire, ancora costruire?

N.B: Questo è un racconto, con un “io” immaginario, volutamente senza nome; non sto parlando di me

domenica 18 maggio 2014

Il regalo del lettore






Un libro racconta qualcosa a chi lo legge. Se chi legge racconta qualcosa a chi l’ha scritto o/curato, il regalo è doppio. Perché lo specchio in cui il lettore si è specchiato diventa, poi, parola che ri-narra chi ha raccontato, consentendo anche a quest’ultimo di ri-vedersi. Insomma, una spirale di quel “tu che mi narri, tu che mi racconti” che è comune crescita.

Grazie a chi ha (avuto) (e avrà) la cortesia di dirmi la sua dopo aver letto Parole come pane. La Sintassi di Nisida.


L'immagine è tratta dalla locandina di "Noi per Nisida", iniziativa promossa dalla DS dell'IC Miraglia-Sogliano, professoressa Pina Florio