giovedì 26 settembre 2019
mercoledì 18 settembre 2019
Dopo c'è solo la galera
Salutatemi
tutti da parte mia e dite ai ragazzi che Nisida è l’unica ancora di salvezza,
dopo c’è solo la galera.
Un mio ex alunno mi
scrive da un carcere per adulti. Parole d’affetto e di stima per me e per altri
operatori dell’IPM. E un piccolo racconto della sua esperienza, che vorrebbe
riportassi ai suoi ex compagni: Come ben
sapete questi sono posti dove si riflette tanto e pensando pensando mi ritorna
in mente quell’isola dove tutto è possibile. (…) Se non si salvano a Nisida non
si salveranno mai più, qui è diverso.
Sta misurando la distanza
tra un luogo dove create davvero
possibilità e uno che gli appare semplicemente tempo perso. Fortunatamente, ha deciso di continuare ad andare a
scuola: Ci provo così almeno impegno la
mente e passo un paio d’ore diversamente.
Quando, a ottobre,
riprenderemo (non più attività scolastica,
ma sempre attività educativa) il Laboratorio di Lettura, Politica e Scrittura,
avremo da leggere anche la sua lettera.
martedì 17 settembre 2019
A Matteo Renzi
Il presente è la più
fragile tra le strutture improbabili. Poteva essere diverso. In qualunque sua
parte, come nel suo complesso, poteva costituirsi altrimenti. Il che vale per i
massimi sistemi e per le piccolissime cose. Ian McEwan, Macchine come me, Einaudi
Negli anni del suo
governo, ne ho apprezzato alcune scelte, meno altre.
Mi è piaciuto il braccio
che ha messo sulle spalle di un ragazzo di Nisida che raccontava di quanto
avesse contato, nel suo cambiamento, il perdono avuto dalla moglie dell’uomo
che aveva assassinato. Soprattutto, il fatto che abbia cercato di nascondere,
come gli stava succedendo, che si stava commuovendo davvero. Mi è sembrato
andare verso il disastro con il modo in cui ha condotto la battaglia (per me
giusta, anche se con alcune perplessità) sul referendum.
Matteo Renzi, Un'altra strada, Marsilio |
Sono diventata renziana
il giorno dopo la sconfitta alle elezioni del 2018, quando disse: Mai coi 5
stelle. Ho considerato una scelta molto scivolosa, e, insieme, una mossa
geniale, l’inversione che ha portato all’attuale governo, tutt’altro che perfetto,
con personaggi molto discutibili, ma che, per molte ragioni, è una “liberazione”,
rispetto al precedente.
Ora – attesa, annunciata,
negata, serpeggiante da sempre – arriva la sua uscita dal Pd.
È una di quelle mosse – come
insegnano tante esperienze storiche – che rischia di essere perdente.
È un pericolo serio, non
per lui (il paese se ne farebbe facilmente una ragione), ma per il complessivo
sistema politico italiano, per le ragioni di un solido riformismo, capace di
essere, a seconda dei risultati elettorali; forza di governo e opposizione
costruttiva.
Oppure
sarà un errore felice, una sorta di unicum, che riaprirà ad una visione di
futuro ampia.
E poiché l’appartenenza,
o, comunque, lo schierarsi politico è affare di viscere, oltre che di cuore e di
testa, nel rimestio di sentimenti d’una ferita ripestata (il Pd amalgama mai
riuscito di un nuovo riformismo, anchilosato in correnti, autoreferenziale, con
molti personaggi, parlo del Sud che conosco meglio, deplorevoli), il battito di
fondo è una speranza, più che un augurio.
Che l’azzardo di oggi, nel tempo, sorprenda: come una possibile
strada nuova.
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