giovedì 28 ottobre 2021

Il cuoco dell'imperatore di Raffaele Nigro

 

 


Quasi ottocento pagine potrebbero sconsigliarmene la lettura, ma protagonista – Federico II, personalità quanto mai affascinante nella sua complessità – e autore – Raffaele Nigro, non per nulla inserito da Giuseppe Lupo nella sua scarna lista di autori meridionali capaci di scrivere di riscatto – mi regalano ore molto gradevoli immersa ne Il cuoco dell’imperatore, appena pubblicato dalla Nave di Teso.

Attraverso lo sguardo del cuoco di corte, Nigro offre al lettore un banchetto quanto mai invitante e succulento.

O, cambiando metafora, Nigro tesse, intrecciando con maestria storia e fantasia, un grandioso arazzo di un’epoca complessa in cui lotte tra papato e impero, lotte all’interno dell’impero e del papato, lotte tra religioni, innovazioni giuridiche e permanenze barbariche, fede sincera e magia, poesia e crudeltà, scienza e superstizione, profonda cultura e totale ignoranza, devozione alle donne e loro sottomissione, strade impervie e viaggi continui, teneri amori e matrimoni decisi da altri e ogni contraddizione possibile, immaginabile e anche non immaginabile, si intrecciano potentemente.

Ne emerge, insieme alla vicenda del cuoco Guaimaro delle Campane, un Federico II a tutto tondo, nelle sfaccettature di una personalità fortemente contraddittoria, resa con grande vividezza.

Un romanzo storico, immaginifico, lirico, una lettura avvincente che entusiasma il lettore e lo induce a ripassare un po’ del nostro passato – locale, europeo e internazionale – in tutti i suoi aspetti, politici, culturali, religiosi, di usi e abitudini quotidiane. E mette anche appetito. A corredo, Nigro dovrebbe darci il ricettario di tutto ciò che il suo cuoco prepara.

 

P.S. Il libro trasuda della passione di Nigro per la sua Puglia. Forse, non avrebbe scritto questa storia se Federico II, amante della Sicilia, non avesse amato, altrettanto o quasi, la Puglia. Quest’amore che accomuna l’autore e il re aggiunge fascino al testo. A me dispiace – e certo non è colpa di Nigro – che Federico II abbia vissuto la Calabria quasi solo come una strada di collegamento tra terre amate.

sabato 23 ottobre 2021

Dopo la pioggia

 


Con un piccolo tappo di bottiglia

tolgo l’acqua dai sottovasi colmi

di pioggia per non farli trasbordare

sui vicini.

 

Mi sento come il bambino narrato

da Agostino che voleva travasare

nella piccola buca sulla spiaggia

il mare.

venerdì 22 ottobre 2021

Barbero, la storia, le donne

 

Le donne nella storia della Calabria: un esempio del lungo cammino compiuto dalle donne italiane

La mia generazione – la prima di donne che, massicciamente, sono andate a scuola – è cresciuta senza madri. La nostra formazione culturale, non quella mediata dalla famiglia, dove le madri contavano, eccome, ma quella proveniente dalla scuola e, comunque, dalla società nel suo complesso, era mutuata, tutta, dal pensiero maschile.

In questi anni – tantissimi per le singole vite, pochi in termini storici – di madri ne sono emerse tante, in ogni campo (c’erano anche prima, anche se in numero minore, ma non si vedevano proprio). La storia è svoltata: il genere maschile come genere neutro inglobante tutti ha iniziato a fare i conti con la dualità dei generi.

C’è, sì, una differenza strutturale tra uomini e donne. Barbero parla di spavalderia e sicurezze, di questioni psicologiche legate, sembra di capire, alla biologia, ma non è quella la differenza, bensì un fatto di banale evidenza: gli uomini non possono mettere al mondo bambini, le donne sì.

Anche se tuttora non abbiamo avuto una Presidente del Consiglio o una Presidente della Repubblica, il cammino delle donne italiane nell’ultimo cinquantennio è stato enorme. Basti pensare, per citare un solo esempio, che il delitto d’onore è stato abolito nel 1981.

Ma è un cammino pagato, spesso, con un taglio ad una parte di sé. La crisi demografica che attraversiamo ha ragioni complesse, ma è legata anche al fatto che le donne sono poste tuttora di fronte ad un aut aut, o il lavoro o un figlio, in un humus culturale che esalta la carriera ma non il valore sociale della maternità.

Il prossimo passo – che darebbe un’ampiezza diversa alla vita delle donne e vorrebbe anche dire una famiglia nuova dai compiti di cura condivisi, un’economia diversa, una società più moderna – sarebbe poter, volendo, passare all’et et.