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Ogni
volta che Mario Draghi parla, mi sento meglio. Mi torna la fiducia che un Paese
– i cui tratti di vecchiaia, di stupidità e di corruzione sembrano in troppi
momenti prevalere tanto da temerne la fine – possa ritrovare il meglio di se stesso
e tornare, come pure è, giovane, ingegnoso, giusto: ma di più di quanto sia
stato. Un nuovo Rinascimento, un nuovo Risorgimento.
In un
mondo ideale, mi aspetterei di leggere e ascoltare, oggi – di contro a tutti
quelli che sono pronti a mettere i bastoni fra le ruote, assumendosi così una
responsabilità storica nei confronti del Paese – parole che esprimano lo
slancio ideale, a rimboccarsi le maniche: perché ora, a differenza di appena
pochi mesi fa, il futuro è possibile: ed è un buon futuro.
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Col
Recovery di Mario Draghi – se realizzato – l’Italia si avvierà ad una nuova
primavera.
Andrebbe
scritto in versi, ma, almeno per ora, lo dirò, imprecisamente, così. Spero di
poter fare ancora qualcosa per il mio paese, ma, se anche non mi fosse
possibile, già il felice battito del cuore per Mario Draghi – presidente dalla
eccezionale caratura politica (notevoli i suoi discorsi; quello pronunciato il
25 aprile da imparare a memoria) – è il mio credere all’Italia che verrà:
migliore di quella di oggi.