La mattina era fresca, il cielo azzurro, il venticello
leggero. Elisa scendeva lentamente da una viuzza che dalla campagna arrivava a
mare, si sentiva serena. Si innervosì appena vide Luisa. Veniva, Luisa, da una
viuzza con cui la strada che Elisa stava percorrendo faceva bivio e spingeva
una carrozzina beige. Nella posizione in cui erano – Elisa non poteva che continuare
a scendere e Luisa a salire – erano costrette a incontrarsi. Scambiarono poche
parole, Luisa si sarebbe fermata ancora, ma Elisa chiuse la conversazione con
una scusa:
-
Ho perso tempo passeggiando, mi dispiace, ho un
appuntamento, sono in ritardo.
La casa di Paola era a due passi e imboccò, rapida, il
vialetto.
-
Come mai a quest’ora? – Paola si asciugò le mani
sul grembiule – Vieni in cucina, sto preparando due melanzane ripiene.
Chiedo asilo politico. Ho incontrato Luisa proprio davanti
casa tua.
Paola rise:
-
La parentela, la parentela.
Paola sapeva molto, se non tutto, delle vicende familiari di
Elisa, dei rapporti altalenanti, tra rotture e riavvicinamenti, tra il padre di
Elisa e suoi due fratelli e due sorelle, ravvicinamenti faticosi dopo rotture
per motivi da nulla. Le cognate svolgevano, a turno, compiti da incendiari e da
pompieri, di solito più da incendiari. Con zio Piero, fomentato dalla moglie, i
genitori di Elisa non si parlavano da più di cinque anni: zio Piero era rimasto
offeso dal fatto che il cognato, incontrato sulla strada principale del paese,
non l’avesse salutato, e non aveva accettato la scusa più ovvia e più
veritiera. Il padre di Elisa non l’aveva visto: erano già iniziati i prodromi
del glaucoma che l’avrebbe portato alla quasi cecità. Anche con madre di Luisa
si erano create delle crepe. Involontaria responsabile Elisa. Quando s’era
informalmente fidanzata, la madre non aveva per tempo avvertito la cognata, che
se l’era legata al dito. Elisa aveva dovuto compiere un gesto di sottomissione
presentando Giorgio a lei, prima che ogni altro membro della famiglia, per
ripristinare un rapporto accettabile.
-
Con tutta la fatica che m’è costata rimetterli insieme,
passano gli anni e Luisa che fa? Sposa la figlia e non manda una
partecipazione. Non ti parlo di invito, con tanto di cartoncino pregiato.
Bastava un wathsapp e, naturalmente, non ce la saremmo cavata con un
telegramma, un regalo gliel’avremmo fatto e tutti felici e contenti.
Paola annuisce. Non mancano neppure nella sua famiglia liti
e rotture per episodi che non dovrebbero significare nulla, ma diventano
piccole spine conficcate nel senso di sé, una insopportabile mancanza di
rispetto per quel bisogno di riconoscimento da parte degli altri che sembra,
talvolta, così importante
Parlano ancora di parenti, poi la conversazione tra Elisa e
Paola scivola su temi più leggeri. Il volto di Elisa si distende. Ma,
nell’intimo continua a rimuginare. Quello che davvero la infastidisce non è lo
sgarbo della cugina – si frequentano ormai così poco che non riconoscerebbe la
biscugina. È la sua insofferenza a quello sgarbo, il riconoscere di non essere
diversa dai suoi parenti, anche lei nel groviglio di quello che mi è dovuto. Ma ancora di più è la stretta allo stomaco
che le ha dato quella carrozzina. Lei, di eredi, non ne ha.