domenica 29 gennaio 2017

Microstorie: Malumore







Lo spettacolo era stato noioso. Il testo non era particolarmente originale, ma sarebbe sembrato anche buono, se non fosse stato per l’interpretazione soporifera.

Anna aveva dormicchiato per una mezzoretta, aveva sbadigliato a bocca piena per il resto del tempo ed aveva consultato il cellulare al momento degli applausi finali.

Nella fila avanti alla sua c’erano alcuni conoscenti con cui sarebbe andata a cena. Non che ne avesse voglia – a quell’ora e stanca com’era, sognava solo una tazza di brodo bollente. Ma li seguì per i vicoli alla ricerca di una pizzeria, di cui Lulù aveva detto: “Sta a due passi, ci ho mangiato la scorsa settimana, è proprio un bel posto”.

Al bel posto – un gradevole miscuglio di passato e presente – arrivarono mezzora dopo e per un’altra mezzora aspettarono le pizze: buone, non eccelse.

Erano le prime ore della domenica quando Anna prese un taxi.

La notte era tiepida e trafficata. Tante scatole metalliche, l’una accanto all’altra, quasi l’una dentro l’altra, sembravano uno strano fiume, che a tratti si muoveva, poi si fermava, ondeggiava, si rifermava; un fiume percorso da tante anguille, anch’esse metalliche, che provavano a sguizzare da un lato all’altro della strada.

Le facce, dietro i finestrini delle macchine, sembravano più depresse che allegre.

Anna provò a immaginare il bisogno di altro che li aveva spinti fuori casa. Si chiese quanto, per tanti di loro, il giusto bisogno di far respirare la mente e il cuore fosse diventato finzione di un divertimento inesistente.

Già il termine divertimento la infastidiva. Quando, da giovane, qualcuno le diceva: “Divertiti”, aggrottava le sopracciglia: divertirsi, pensava, è uscire dal centro, e, invece, solo trovandolo, il centro, e ancorandovisi, si può avere quel calore morbido e fresco in cui scintilla la felicità.

Superata la piazza grande, il traffico cominciò a scorrere. Tra poco sarebbe stata sotto le coperte. Magari, con la stanchezza, se ne sarebbe andato anche il malumore.

(Che non era precisamente un malumore: ma, a quell'ora, era meglio rinserrarlo in quel termine e dormirci su).

 

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