Non amo le polemiche, la
necessità di schierarsi costantemente da una parte e dall’altra: o bianco o
nero, senza tener conto dei tanti grigi. E non vorrei entrare in una querelle
che avrebbe potuto essere dibattito anche aspro di idee, ma rispettoso delle
persone ed è diventato tifo da bar, insulto da ultras, offese gratuite.
Neppure apprezzo
particolarmente il Saviano che interviene un po’ su tutto e non condivido molte
delle sue posizioni su tematiche etiche (per esempio, sull’aborto come diritto
inalienabile e non, piuttosto, come dramma le cui cause la società dovrebbe
impegnarsi ad annullare).
Ma nella polemica tra
Saviano e De Magistris non ho alcun dubbio a schierarmi col primo.
Perché conosco bene la
Napoli che finisce a Nisida e testimonia come, in questi ultimi anni, la grande
zona nera della città è cambiata, ma
non in meglio: tema su cui Saviano ha il coraggio umano e intellettuale di
tenere accesa la luce e che il sindaco sembra non riconoscere come problema di
assoluta drammaticità.
Perché il potere politico
dovrebbe rispondere alle critiche (anche quelle reiterate) nel merito e con i
fatti, non con i proclami e le invettive.
Perché tra i compiti
imprescindibili degli intellettuali è indicare quello che non va prima che fare
i cantori di quello che funziona: pungolare, stimolare, spingere a risolvere tutti
i problemi.
Tra i tanti dileggiamenti
a Saviano, letti su internet – alcuni particolarmente grevi e indicativi di una
pericolosa insofferenza verso l’intellighenzia
– mi sembra particolarmente ridicolo (trascuro tutti i riferimenti ai soldi fatti denunciando il fenomeno
camorra: argomento davvero troppo trito) il dargli dello scrittorucolo, del
romanziere da strapazzo o giù di lì.
In un paese dove
pochissimi leggono (compresi, chiaramente, molti degli autori di alcuni post anti Saviano su
facebook) e una buona parte dei libri pubblicati rappresenta uno spreco di
carta, non è che ci siano tantissimi testi in circolazione all’altezza
(letteraria) di quelli che scrive lui.
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