Pellaro, Santa Maria del Lume |
Per
molto tempo, l’unico termine che mi è parso appropriato per definire a me
stessa il sentimento che provavo nel vivere lontano dalla mia terra natale è
stato: esilio.
Poi,
per qualche stagione, mi è sembrato che il tempo passato nelle mia terra non
fosse che un’interruzione di ciò che stavo facendo dove abitualmente vivevo.
Ora
– da tantissimi anni – la mia percezione è quella di stare costantemente su un
ponte che collega i due luoghi: un ponte sospeso talora su vallate serene,
spesso su baratri vertiginosi, e che si inclina, a seconda delle circostanze,
sull’uno o l’altro dei due poli, ma che, sempre, li comprende entrambi, due
facce di un’unica realtà.
Le
vacanze che stanno per chiudersi sono state generose con me. Mi hanno dato,
magari nei piccoli frammenti di un mosaico incompiuto, scambi forti, relazioni
vere, esperienze inattese, momenti di grazia.
Di
tutte le immagini che ho scattato (anche solo con la memoria), quelle che racchiudono
meglio lo stupore di quest’estate mi appaiono le vetrate luminose della chiesa di
Pellaro nella notte.
La
gratitudine per il piccolo lume che, riscaldandoti dentro e allargando il tuo sguardo,
consente – oltre ogni nonostante – di
attraversare il buio della storia e della società e, soprattutto, la notte più
aggrovigliata: la propria.
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