Due giorni
nel reggino e già tanti motivi per dispiacerti per tutto ciò che ne
offusca/impoverisce/deturpa la bellezza possibile.
Poi, dopo
una sublime brioche con gelato di Cesare, torni al Museo e ti sale dalle
viscere un senso di gratitudine per essere carne e sangue di questa terra, di
questa storia che affonda le sue radici all’alba della civiltà occidentale. Ti
senti in pace con te stessa e con il mondo. Non avverti vuoti, non vorresti
essere da nessun’altra parte.
Poi, sali sulla
terrazza del Museo, che stasera s’inaugura con un concerto per chitarre, basso
e voce solista. Ed è stupore assoluto. Sei dentro lo Stretto, in un abbraccio
di bellezza che non ha pari. Ed aggettivi solitamente insopportabilmente
esagerati come stupendo, meraviglioso, inenarrabile non hanno nulla di
retorico, anzi restano ben al di sotto della realtà.
E il fatto d’essere
viva – qui e ora – ti sembra un regalo senza pari.
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