«Troppo a
lungo mafia e Chiesa sono andate a braccetto nello stesso territorio. La mafia
non era contro la Chiesa e la Chiesa non mostrava grande interesse a mettersi
contro di essa. Ma la sottovalutazione del fenomeno mafioso è stata della
Chiesa ma non solo. Tutta la comunità civile l’ha sottovalutata per un lungo
periodo».
Pochi giorni fa, il vescovo di Locri, mons. Oliva ha pronunciato parole forti nel corso incontro, a Polsi, su La simbologia del Santuario tra sacro e legalità, cui sono stati presenti molti responsabili della politica, della magistratura e della chiesa.
Il ministro
dell’interno, Marco Minniti ha detto che «la Chiesa è di Dio e Dio non può
essere accostato alla ’ndrangheta che è la cosa più iconoclasta che ci possa
essere. È un peccato grave. Gli iconoclasti sono fuori dalla Chiesa. Nel nome
di Dio non ci può essere violenza. Su questo è rottura coi mafiosi. Su questo
si rompe, ci si separa». Ed ha aggiunto: «Liberare la Calabria, il Paese dalle
mafie è una grande questione democratica. (…) Nei prossimi anni arriveranno
imponenti finanziamenti. Non dovranno servire per occupare i picciotti ma i
nostri ragazzi. È un impegno morale».
In realtà si
vedono segni nuovi nella chiesa calabrese. Le feste di chiesa stanno via via
perdendo i loro aspetti più discutibili, a partire dagli inchini abituali di fronte a certe case e dalle banconote
vistosamente attaccate agli stendardi della statua del santo locale o della
Madonna (con qualsiasi titolo venerata). E si vedono segni nuovi da parte della
magistratura che sta scardinando una struttura di potere che, per troppo tempo,
non era stata sufficientemente toccata.
Ma ci
vorrebbe un cambio di passo dell’economia che sostenesse un rinnovamento
culturale che può certo partire anche senza sviluppo economico ma che, per
svilupparsi e radicarsi, ne ha bisogno e, chiaramente, una capacità della
politica di allargare lo sguardo.
Per quanto
riguarda la chiesa, sono convinta che un annuncio del Vangelo meno condizionato
da contiguità al malaffare mafioso libererà energie nelle persone perbene, le incoraggerà e sosterrà nelle
loro quotidiane difficoltà. Non sono, invece, convinta che possa facilmente
produrre conversioni tra chi della ‘ndrangheta
fa parte.
Questo è un mio pezzo pubblicato il
24 giugno su Zoomsud:
http://www.zoomsud.it/index.php/cronaca/98798-mafie-e-vero-la-scomunica-non-avra-gran-peso-in-italia
In un
articolo su Zoomsud, Alberto Cisterna – contrariamente a quanti
l’hanno applaudita quale scelta capace di destabilizzare anche la ‘ndrangheta –
sostiene che la scomunica allo studio del Vaticano per corrotti e mafiosi non
avrà, in Italia, alcun peso.
Sono del tutto d’accordo con lui.
Da un lato perché la Chiesa è in Italia – ormai? In questa fase? – una voce muta.
Quello che cinquanta anni fa poteva essere dirompente, oggi non ha valore perché entra ed esce rapidamente da orecchie che non le riconoscono peso effettivo.
E questo accade anche quando l’intervento della Chiesa è di valenza sociale così lampante che dovrebbe avere un impatto altissimo. Per esempio, l’enciclica ecologica di papa Francesco, Laudato sì, avrebbe (avuto) le caratteristiche per diventare, in un contesto in cui abbiamo iniziato a soffrire così pesantemente i danni procurati all’ambiente, un aggregato di energie a favore della nostra casa comune (la terra, nel suo insieme; il territorio italiano nello specifico). Ma, almeno al momento, non sembra sia diventata il motore trainante di una lotta a favore all’ambiente. (Tra parentesi: un grosso plauso merita chi ha deciso di proporre agli Esami di stato la bellissima “Versicoli quasi ecologici” di Giorgio Caproni).
Dall’altro, perché questo stato di cose che concerne l’intera società, riguarda anche le persone che si richiamano a sottoculture malavitose.
È vero che c’è non poca differenza tra i ragazzi ristretti nel carcere minorile e i boss del carcere per adulti, ma che ciò che succede tra i ragazzi registra con chiarezza i cambiamenti già avvenuti e quelli in atto, che diverranno via via abitudini consolidate.
I ragazzi di Nisida continuano a sfoggiare rosari al collo e braccialetti con le immagini dei santi, soprattutto in vista di un processo, ma quelli che dicono di credere in Dio sono sempre di meno e quelli che manifestano insofferenza nei confronti della chiesa cattolica sempre di più. Il divorzio è entrato nelle loro case e moltissimi dichiarano che mai si sposeranno, preferendo la convivenza ad un vincolo più stringente. E a qualsiasi intervento del papa – a meno che Francesco non chiedesse la loro immediata uscita dal carcere – rispondono con un’alzata di spalle. Se sono di buon umore. Se l’umore è cattivo, accompagnano l’alzata di spalle con frasi che non potrebbero essere catalogate come gentili.
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