Il
Venerdì santo è davvero il giorno di ogni uomo.
Non
ho difficoltà a immaginare che ci siano persone che, nel corso della loro vita,
non hanno mai sperimentato una gioia. Ma mi sembrerebbe impossibile trovare, al
contrario, qualcuno che non ha mai conosciuto il fallimento, la malattia, il
dolore atroce: tutti anticipi della morte che, comunque, tocca tutti, anche
chi, eventualmente, fino a quel momento, non avesse sofferto mai.
È
il giorno che raccoglie tutto il dolore del mondo: le atrocità della storia, le
desolazioni nascoste, i pianti sconosciuti, le ferite individuali, le vite
spezzate.
Forse,
per i cristiani, è il giorno più giusto per farsi gli auguri di buona Pasqua.
Perché
il dolore, la sofferenza, la morte, in tutte le loro forme – per quanto
cerchiamo di metterle tra parentesi, di farci una corazza di indifferenza o di
stoicismo – sono lì: ci investono, ci trafiggono, ci riempiono.
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