Ad Anna
Suor
Rita era una brava maestra, seria e appassionata. E Giulia era una brava
alunna, intelligente e studiosa. Suor Rita guardava Giulia con affetto materno,
lo stesso che dedicava a tutta la classe. E Giulia la seguiva con rispettosa
attenzione. Convinta che quello che diceva suor Rita era, di certo, la Verità.
Solo un particolare le lasciava come l’inquietudine d’un dubbio. Suor Rita
ripeteva che bisogna occuparsi dello spirito, che vive sempre, mentre la carne
no: la carne finisce col diventare cenere.
Giulia
si guardava allo specchio, e le faceva specie che la sua faccia, le gambe, le
braccia potessero diventare cenere.
Capitò,
un giorno, che suo padre si tagliasse una mano. La ferita era profonda e, per
meglio disinfettarla, il padre tagliò via un pezzo di pelle cadente. Giulia la
raccolse, la nascose in un angolo del balcone – in camera sua, no, le sembrava
quasi un peccato – e andò a controllarlo ogni giorno. La pelle seccò, si
incartocciò, ma non diventò cenere.
Giulia
aspettò che suor Rita facesse di nuovo quel suo discorso sullo spirito e la
carne, alzò la mano e, d’un fiato, sicura, disse:
-
Non è vero.
-
Come, non è vero?
-
Perché l’ho visto.
E
raccontò della pelle mai diventata cenere.
Suor
Rita la sgridò, la chiamò mia piccola san Tommaso, poi sorrise e spiegò che,
sebbene non succedesse ai pezzi di pelle cadenti, carne e ossa diventano
cenere.
Giulia
sgranò gli occhi: come, anche le ossa delle cosce del pollo, che le piacevano
tanto (le cosce, non le ossa), diventano cenere?
Roba
da non credere.
Di
certo, al mondo, c’era tanto, ma proprio tanto, da scoprire.
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