Sette del mattino. Strada del
mare.
Lo sguardo seleziona poche immagini.
Solitaria, con l’Etna come
orizzonte, sull’acqua trasparente si dondola una barchetta.
L’aria è quella dell’alba,
fresca, col venticello che porta profumo di gelsomini e senso di pace.
La luce è intensa – da queste
parti il sole nesci cantandu (esce
cantando) – tanto da ferire gli occhi da poco svegli e illudere che la giornata
sia già avanzata.
Una ragazza, sola in una caletta,
si è organizzata tutto per il manicure e si sta passando lentamente lo smalto.
Un gruppetto di donne, di diversa
età e corporatura, camminano: l’intenzione, forse, sarebbe quella di fare
jogging, ma, oltre questo passo dopo passo, non ce la fanno.
Una signora in maglietta e
pantaloncino corto – che lascia indifferente alla vista un’annosa cellulite –
sta riassestando la terra nei vasi davanti al suo portone.
L’ho appena superata
quando mi raggiunge il suo canto.
“Ma quando si fa sera….”
“Ma quando si fa sera….”
Incongruo e stridente in tutto questo
silenzio, in questa pace mattutina.
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