“Non ho mica più 82 anni!”
Baba Dunja, ovvero Nonna Dunja è una più che anziana signora, sapiente, arguta, dal parlare affilato e pieno di mordace
humor, libera nei suoi pensieri e nelle sue azioni.
Contrariamente a quanto
vorrebbe la figlia, dottoressa emigrata in Germania, lei torna, una trentina d’anni
dopo il disastro nucleare, a Cernovo, un paesino immaginario che richiama
Cernobyl.
Senza paura di contaminazioni – “Le radiazioni non possono certo
essere ritenute responsabili d’ogni forma di demenza che compare sulla terra” –
coltiva un orticello rigoglioso, godendo di una forma di libertà assoluta: “Il
tempo da noi non esiste, non ci sono termini o scadenze, mettiamo in scena la
nostra giornata come fanno i bambini con le bambole”.
Al paesello, per
antonomasia “zona della morte”, la seguono una decina di persone, tutte fisicamente
e psichicamente provate: non formano una comunità, ma si conoscono l’un l’altra
e si danno una mano a sopravvivere.
Tutti le riconoscono un ruolo speciale,
come fosse una sorta di sindaco inducendola ad assumersi, per salvare la
tranquillità dei suoi compaesani, la responsabilità di un delitto. Ma neppure
il carcere può toglierle l’indomita forza: “Resterò in vita finché
non riuscirò a leggere ciò che mi hai scritto” promette idealmente alla nipote,
che non ha mai visto e che le ha inviato una lettera scritta non in cirillico,
bensì in caratteri a lei sconosciuti, forse in tedesco, forse in inglese.
Una storia molto bella,
intrisa di favola e di realtà, con un personaggio portante non dimenticabile
(quante nonne contadine possono essere riconosciute in Baba Dunja), uno stile
sorprendente per la ricchezza sapienziale sparsa a piene mani e le descrizioni
indimenticabili (stupendo questo scambio tra il
vecchio Sidorov e Baba Dunja: “Ti dirò una cosa.” “Sono tutta orecchi.” “Tu sei
una donna”. “Esatto.” “E io un uomo.” “Se lo dici tu.” “Sposiamoci Dunja”).
Un libro allegro e
malinconico, che trabocca, nonostante tutto, di futuro e di speranza.
Un gioiellino che si
legge in un’ora e ti resta dentro, come una piccola luce.
Alina Bronsky, L'ultimo amore di Baba Dunja, Keller editore, traduzione di Scilla Forti
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