Esiste un’altra città al mondo dove
così tanta parte del dibattito culturale ruota intorno alla scelta tra restare
o partire?
Il rapporto contraddittorio che i reggini
hanno con la loro terra, il contrasto tra la bellezza ammaliante del suo
orizzonte spalancato sul mare e, in lontananza, l’Etna maestosa e la soffocante
limitatezza delle occasioni di lavoro e di vita che offre, anima La corsa
dell’ultima estate il primo romanzo di Saverio Pazzano, pubblicato nel
2010 da Laruffa.
Un giovane dentista, all’inizio degli anni
50, sbaglia binario e, invece di prender il treno per Reggio Emilia sale su
quello per Reggio Calabria: scappa dalla sua difficoltà di diventare adulto e
da un amore infelice. «Perché sono rimasto non l’ho mai saputo. Forse solo
perché quelli come a noi hanno il destino brutto di non saper dire no alle
sfide.»
Il nipote, dopo gli esami di maturità, lo
raggiunge sulla spiaggia di Pietre Bianche, dove il nonno ha una barca,
chiamata, col nome della madre, Enrichetta e si dedica alla pesca insieme
all’amico Nanà: «una piccola barca. Due vecchi che si immaginano marinai
d’altomare.»
Anche Peppino va a pesca con lui, accompagnato
talvolta da Adele, una ragazza che vuole sostenere i test d’ingresso alla
facoltà di medicina e a cui il nonno dà ripetizioni. «Siamo al centro dello
Stretto. Le luci di Reggio tremano in lontananza. Non c’è vento: dalla città
non arriva un rumore, sembra dorma. Quand’è così è bellissima, silenziosa.
Accucciata sulla riva fa le fusa al mare. Sembra che ogni problema, ogni dolore
che la affatica sia accomodato.»
Adele non ha dubbi sulla necessità di
andare via: «Io me lo chiedo sempre: come si fa a vivere qui e ad essere
felici?» dice Adele «Che vuol dire?» «Che è bello. Ma ti fa arrabbiare che non
funzioni niente. Che questa bellezza sia mortificata dalle persone». «E dopo?
Lavoro? Qui zero. Università? Le peggiori che ci siano in Italia. Senza contare
che non c’è possibilità di costruire nulla che già c’è qualcuno pronto a
distruggere. Qui chi vale non emerge mai.»
Innamorato di lei, Peppino vive un tempo
fuori dal tempo: «Gelato al chiosco sul Lungomare. Bacio. Si scende al mare
alla via Marina Bassa. Bacio. Bagno. Bacio. Stesi al sole. Bacio. Ogni cosa è
soltanto un intervallo tra un bacio e l’altro. E poi parole. Neppure una
sprecata però. Alla costruzione d’un amore corrisponde un’attenzione costante:
una consapevolezza esagerata di quel che si dice. Nessuna banalità: anche gli
eccessi di fantasia sono sostanza dell’amore che mette carne.»
Fantastica di andare via anche lui, insieme ad Adele, ma sceglie di restare. «Io l’ho sempre saputo che saresti rimasto qui. Forse per questo (…) mi sono innamorata. Restare è il tuo modo di partire. Non è un modo, ma una sfida.»
Fantastica di andare via anche lui, insieme ad Adele, ma sceglie di restare. «Io l’ho sempre saputo che saresti rimasto qui. Forse per questo (…) mi sono innamorata. Restare è il tuo modo di partire. Non è un modo, ma una sfida.»
A pesare sulla scelta, l’incendio doloso
della barca del nonno, colpevole di non aver voluto pagare il pizzo: «Mentre
Enrichetta bruciava avevo visto per la prima volta mio nonno senza speranza. Ed
avevo temuto che avesse perso per sempre gli occhi imbroglioni.»
Diceva il nonno che «è dove scegli di
vivere che ti fa adulto, non solo quello che scegli di fare» e Peppino sente
che restare «a Reggio, una città che ci si scappa prima che si può», «è la
scelta inevitabile di chi vede una città incompleta e si sente uguale; un
moccioso che gli pulsa dentro un sangue da uomo e deve adeguare il corpo alle
forze.»
La
corsa dell’ultima estate è un romanzo di formazione, che racconta, senza retorica,
l’urgenza del crescere e dell’amare insieme al ripensamento della propria
esperienza da parte di chi è ormai anziano. A unire giovani e vecchi, il mare,
le aguglie argentate, la grande mola, ovvero il pesce luna, le falanghe odorose
di grasso: «Il paesaggio confinato dello Stretto. (…) Non è la grandezza
degli spazi che ti fa ommo, ma quanto sono grandi i sogni tuoi che si agitano
lì dentro, nello spazio che hai.»
Pubblicato su Zoomsud:
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