Il periodo più forte dell’anno liturgico cristiano è la
Quaresima. Ma, in realtà, noi viviamo sempre, anche quando non lo sappiamo, ce
ne dimentichiamo, facciamo di tutto per nasconderlo, in una permanente
quaresima: perché ogni giorno siamo o possiamo essere da un momento all’altro
intrisi della morte e dell’assenza di noi stessi e di chi più c’è caro.
Per questo, il periodo
liturgico che amo di più è l’altro periodo forte, Avvento. Che è un po’ la
primavera che si fa strada nell’inverno fino ad esplodere, poco dopo l’equinozio,
proprio quando le notti sono più lunghe e buie, nell’estate del Natale.
L’Avvento mi dà
un’allegria raccolta e intensa. Sento come dei trilli di campanelli che suonano
nel cuore. Chiamano alla vita, alla bellezza, alla continua rinascita. Dicono
che la vita può essere, nonostante tutto, continuamente nuova. Che nulla è del
tutto compiuto. Che c’è dato, ancora, un altro tempo: per capire meglio, per
amare di più.
E niente è più operoso
dell’attendere. Quando si attende qualcuno, ci si mette in ordine, si mette in
ordine la casa, si preparano i cibi più buoni. Attendere è dare il meglio di
sé.
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