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- - Dobbiamo costruire una paranza tutta
nostra. Nun amm’ ‘a appartené a nisciuno, sulo a nuje. Non dobbiamo stare sotto
a niente.
Tutti guardavano Nicolas
in silenzio. Aspettavano di capire come avrebbero potuto emanciparsi senza
mezzi, senza un cazzo. Nessun potere avevano, e i loro lineamenti da ragazzini
sembravano confermarlo sopra ogni dubbio. Bambini li chiamavano e bambini erano
veramente. E come chi ancora non ha iniziato a vivere, non avevano paura di
niente, consideravano i vecchi già morti, già seppelliti, già finiti. L’unica
arma che avevano era la ferinità che i cuccioli d’uomo ancora conservano.
Animaletti che agiscono d’istinto. Mostrano i denti e ringhiano, tanto basta a
far cacare sotto chi gli sta di fronte. Diventare feroci, solo così chi ancora
incuteva timore e rispetto li avrebbe presi in considerazione. Bambini sì, ma
con le palle. Creare scompiglio e regnare su quello: disordine e caos per un
regno senza coordinate.
Roberto Saviano, La paranza dei bambini, Feltrinelli
Circa dieci anni fa,
quando, a Nisida, abbiamo realizzato un progetto (il primo) con la cooperativa La paranza, messa su da don Antonio
Loffredo alla Sanità, i miei alunni mi hanno spiegato che il termine, oltre al
significato proprio di ordine marinaro, i
pesci di paranza, loro lo usavano come sinonimo (anche se, certo, non hanno
detto sinonimo, né metafora) di gruppo, unione, ragazzi che si divertono insieme.
In questi primi mesi
dell’anno scolastico, me l’hanno spiegato, invece, come gruppo di ragazzi che fa il macello; ragazzi che fanno guai; ragazzi spietati
che fanno caos.
Per questo, se vivessi,
che so, a Trento o a Ferrara, avrei probabilmente piacere a soffermarmi
sull’ultimo libro di Roberto Saviano in quanto, appunto, libro: ritorno al mondo da cui è partita la sua indagine,
ovvero parte seconda di Gomorra?
Sceneggiatura pronta per la prossima serie di gran successo? Romanzo di de-formazione in qualche modo
paragonabile, per contenuto e lavoro linguistico, ai Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini?
In effetti, il libro è molto bello, molto bella (e molto bene funzionerà sullo schermo) è la trasposizione letteraria della realtà, bellissimo l'uso di un dialetto insieme letterario e molto vicino a quello effettivamente parlato dai ragazzi 'e miez 'a via.
In effetti, il libro è molto bello, molto bella (e molto bene funzionerà sullo schermo) è la trasposizione letteraria della realtà, bellissimo l'uso di un dialetto insieme letterario e molto vicino a quello effettivamente parlato dai ragazzi 'e miez 'a via.
Ma, vivendo a Napoli (e
lavorando a Nisida), vorrei, prima di ogni altra considerazione, che La paranza dei bambini accendesse
adeguata attenzione (poche parole e molti fatti seriamente pensati) ai troppi
Nicolas Fiorillo, detto ‘o Maraja, Pesce moscio, Dentino, Drago, Stavodicendo,
Tucano, Biscottino, Briato’, Lollipop, Drone che così, in alcuni quartieri
della città: ignorando “il mondo e i suoi
segni”, capaci di “ascoltare solo e
soltanto la propria volontà come oggettiva dimostrazione della giustezza del
proprio agire.”
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