Degli autori contemporanei, Elizabeth Strout è quella che amo di più. La sua Olive Kitteridge mi aprì un mondo su una forma narrativa – quella di un vero e proprio romanzo di racconti – che è stata una grossa spinta per intraprendere, a Nisida, un percorso che, pur senza averla mai realizzata, l’ha sempre avuta come sogno ideale.
Il suo ultimo libro, presentato come un
capolavoro assoluto, mi è sembrato, ad una prima lettura, sì un ottimo libro, ma non un capolavoro assoluto.
Perciò sono tornata indietro.
Ho riletto Mi chiamo Lucy Burton – l’ultimo
libro è, un po’, la seconda parte, o, meglio la metà della mela Mi chiamo Lucy Burton: e mi è piaciuto
molto, molto di più di quanto mi fosse accaduto a suo tempo. Un vero godimento, marcando da tante frasi sottolineate anche più d'una volta.
E, ora, torno a leggere Tutto è possibile. Pronta a farmi soprendere.
Perché leggere è anche una forma di disciplina della mente, della sensibilità: un lavoro su se stessi.
Non sempre si entra subito dentro il mondo creato da un
autore. E, talvolta, la difficoltà è accentuata dalla profondità del testo.
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