Ci sono tre modi di rispondere alla complessità
del mondo in cui viviamo. (Naturalmente, con molte sfumature all’interno di
queste modalità principali.)
Ci sono quelli che si chiudono nel loro
particolare. Talvolta per superficialità, per egoismo, per miopia. Talaltra per
una forma di legittima difesa: già sotto il peso dei propri problemi di lavoro,
di famiglia, di salute, i problemi generali gli sembrano macigni che li
farebbero soccombere anche solo a pensarci. Forse sono tanti, forse la
maggioranza.
Ci sono quelli che tirano fuori un’ignoranza e
una volgarità da far cadere le braccia: sembrano esseri in involuzione, regrediti a fasi pre-umane. Fanno molto rumore e
sembrano in tanti. Forse, poiché il male ha un’evidenza che il bene non ha,
sono meno di quanto appaiono: ma sono, comunque, troppi.
Di fronte a tanta ignoranza e volgarità, mi
chiedo quanta più scuola e quanta diversa scuola sarebbe necessaria:
chiaramente, una scuola, non isolata,
ma parte di una comunità educante.
Come favorire la ri-educazione di
tanti ragazzi, di tanti adulti? (Non è certo facile ipotizzare percorsi di
crescita buona per i ragazzi
stupratori, bianchi o neri che siano, ma che fare con gente come alcuni giornalisti?)
Ci sono, poi, quelli che provano ad affinare
intelligenza e sensibilità, che si fanno carico dei problemi, che cercano
soluzioni, che indirizzano lo sguardo in avanti, nello sforzo di capire e,
comprendendo, di meglio indirizzarsi al futuro.
Ci sono giorni che sembra di vedere solo quelli
che appartengono alle prime due modalità. Ma non bisogna mai dimenticare che ci
stanno anche quelli della terza. Forse sono una minoranza, forse sono di più di
quelli che appaiono. Sono quelli che contano
davvero (e quelli in cui desiderare d’essere contati).
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