Come l’Avvento, anche la Quaresima è
un tempo d’attesa.
Ma l’Avvento è un’attesa lieve, che
porta in sé uno spirito bambino: gli occhi che si allargano stupiti sulla
meraviglia: una luce calda che illumina e riscalda il cuore nel cuore
dell’inverno.
La Quaresima è intrisa della
consapevolezza della maturità: di tutte le disillusioni, delle sconfitte, delle
pene che gli anni accumulano sulle ossa, nelle viscere: la consapevolezza del
dolore, del limite invalicabile, delle tanti morti portate dai giorni, dalla
morte cui ci avviamo, comunque e inevitabilmente.
Ma la cenere che ne segna l’inizio e
l’attraversa tutta non sa di morte. Profuma d’olivo benedetto e riporta alla
memoria il bianco, davvero il più bianco del mondo, dei panni che, nelle ceste,
sotto la cenere, perdevano ogni macchia, ogni piccola ombra di grigio.
La Quaresima è la fatica del
profondo, da dove sale un rombo che cresce come nel ventre d’un vulcano fino ad
erompere in una distruzione che è vita.
Le fiamme d’una deflagrazione
apocalittica spargeranno le ceneri della vita nuova: senza più dolore e morte.
Nella Quaresima si ritrova ogni
nostro atomo mortale, che attende l’immortalità e la giustizia.
Perché la vita mortale è
profondamente ingiusta (troppe vittorie dei malvagi, troppo dolore degli
innocenti). E solo in una vita altra si appianeranno le montagne e i corsi dei
fiumi scenderanno, calmi e placidi, verso il mare.
Laura si fermò a leggere le sue parole per uno
speciale sulla Quaresima del giornalino parrocchiale. Non aveva scritto nulla
che non provasse, eppure si chiese se davvero credeva.
La liturgia aveva proposto, quella prima domenica di
Quaresima, un brano della Genesi e uno di san Paolo: Adamo che faceva entrare
la morte nel mondo, Cristo che riportava la vita.
Se pensava al mondo, meglio ai mondi – all’infinità
dei sistemi solari ruotanti nell’immensità del cielo – le veniva una sorta di
mancamento: com’era possibile che Dio creasse tante stelle e pianeti o poi scegliesse
una minutaglia come la Terra per renderla così bella e così adatta alla vita
umana? Ma se davvero si scoprissero altri esseri viventi, simili agli uomini, su
un’altra terra in orbita intorno ad un altro sole, sarebbe ancora credibile il
Dio della Bibbia?
Tali pensieri la inquietavano e doveva starsene sola e
in silenzio perché il respiro si riaccordasse al ritmo del cuore.
Ma bastava un cielo più azzurro, un fiore selvatico che
spuntava nel cortile, il mare al di là dei binari perché le salisse dal petto
agli occhi un senso di meravigliata gratitudine per una bellezza che non poteva
essere frutto del caso, ma di un Essere supremamente pensante e amante.
E, comunque, le sarebbe mai stata davvero sopportabile
la vita se non l’avesse vissuta anche Gesù Cristo?
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