Nel dialetto reggino, al
contrario dell’italiano, gli alberi sono femminili e i frutti maschili: ‘a mmendulara, ‘a ficara, ‘a livara, ‘a
nucara, ‘a ranatara.
Di tutti i frutti sacri – quelli in cui maggiormente si
concentra la storia della mia terra: il retaggio, ignorato eppure vivente
almeno fino ad una cinquantina di anni fa, del passaggio di greci e romani,
ebrei e bizantini, normanni e turchi, francesi e spagnoli; il sudore degli
nonni, la creatività delle nonne – le melagrane,‘i ranati*, prodotti da ‘e
ranatare, sono quelle che più mi avvolgono in un senso di meravigliato stupore.
(‘I ranati sono anche i grani dei
rubini e, per estensione, anche di altre collane).
Ne seguo la crescita, aspettando
di poterle cogliere e portare a casa. Non per usarle (anche se alcune si fanno
dessert, insolito risotto, colorata gelatina o entrano in qualche insalata
particolarmente festosa o vengono gustati semplicemente sgranandoli). Ma per
poterle avere accanto, guardare, respirare.
Come se la loro presenza fosse un
antidoto al male dell’oblio, un dono votivo ai mille spiriti che sotterraneamente
ci percorrono.
Dal mito di Persefone che avendo mangiato
il seme di melograno, cibo dolce come il
miele, passa due stagioni agli Inferi e poi torna sulla terra, dalla madre
Demetra, al tempo del fiorire primaverile e della fruttuosa estate (i pinakes locresi del Museo archeologico
reggino ne conservano intatto il fascino). Al Cantico dei Cantici che tra i
titoli di bellezza della sposa elenca le sue guance come spicchio di melagrana: Ero
discesa nel giardino delle noci, per osservare i frutti delle valli, per vedere
se la vigna fosse fiorita, se avessero germogliato i melograni. Io ti prenderò,
ti condurrò nella casa di mia madre, là mi istruirai, io ti darò da bere il
vino drogato ed il mosto delle mie melagrane (Cdc 6,
11).
Simboli
parlanti a più religioni, le melagrane sono segni di inattese e profonde
connessioni tra la nostra e altre culture, lontane nel tempo e nello spazio.
Dalla
Grecia alla Turchia, infatti, dal Vietnam alla Cina tuttora i frutti del
melograno, quali simboli di fecondità vengono fanno parte dei festeggiamenti di
nozze (già in epoca romana, alle spose venivano acconciati i capelli con
rametti di melograno). Le melagrane appaiono nel Corano, come esempio delle
cose buone create da Allah e come frutto che sta nel Paradiso. Nella Bibbia, fanno
parte dell’elenco dei beni della terra promessa “Paese di frumento, di orzo, di viti, di
fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele” (Dt 8, 8). Nella tradizione
ebraica, si ritiene che ogni melagrana abbia 613, equivalenti alle 613
prescrizioni della Torah. E, nella cultura cattolica, sono presenti numerose
Vergini col melograno: da Santa Maria del Granato di Capaccio Vecchio (Salerno)
al bellissima Madonna con la melagrana di Botticelli.
Sparsi per casa, in soggiorno,
all’ingresso, in cucina, ‘ i ranati rilasciano
un profumo sottile e un sorriso di bene.
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