venerdì 9 settembre 2016

Microstorie: Il ricamo d'autunno




Al ritorno dalle vacanze, Anna aveva comprato stoffa, fili e aghi e aveva cercato, tra i tanti giornali che conservava in un angolo della libreria, dei motivi da ricamare per una tovaglia natalizia.

Ricamare le piaceva, ma non lo faceva da anni. La distanza da inquadrare era tale che con gli occhiali non riusciva a mettere a fuoco e senza lenti le veniva mal di testa.

Era il limite per cui, iniziato il lavoro, le era già più volte capitato di dover scucire il già fatto e ricominciare daccapo.

Eppure, le sembrava una buona cosa l’aver assecondato l’impulso a mettere il ricamo tra le sue attività autunnali, inserendo, tra tanti impegni ineludibili, spesso faticosi e non raramente snervanti, un obbligo scelto. Che non era del tutto rilassante, visto che doveva spesso ricominciare daccapo, ma le dava quiete, le svuotava la mente. 

Magari, si diceva, più di un corso di yoga o di sedute di meditazione buddista.

Le pareva di entrare in qualche modo in una dimensione monastica: l’essere totalmente lì, in un punto e in momento precisi, senza altri pensieri, paure, desideri.

Aveva la sotterranea sensazione d’essere in un flusso di storia che comprendeva le nonne e le nonne delle nonne: sapienti senza scuola e capaci, con fusi e telai, di creare bellezza.

Lei, prima donna studiata di tutta la famiglia (fortuna di cui era grata in ogni fibra del suo essere) conosceva bene i sensi di colpa rispetto alle loro capacità di costruire vita con una quasi naturale aderenza al senso profondo dell’essere.

A lei era toccato un pezzo di storia economicamente più facile, socialmente molto movimentato, con non poche piccole e grandi rivoluzioni. Un tempo di transizione – bello e terribile – in cui nulla era più naturale e tutto andava pensato per poter essere compreso e vissuto. 

Ricamando – che era un po’ l’altra faccia del suo lavoro quotidiano: intessere parole, cucire, scucire, rammendare, tanti fili incomprensibili di rovescio nel tentativo di un bel disegno sul dritto – respirava piano, come accordando il suo respiro al ritmo di altri respiri.

Punto dopo punto, la vita si setacciava. Senza asprezze. Mitemente.

Le passò in mente – ma le sembrò un paragone esagerato – che ricamare in quelle prime sere in cui l’estate cedeva all’autunno, era un po’ il suo colle dell’infinito.

Nessun commento:

Posta un commento