Al ritorno dalle vacanze, Anna
aveva comprato stoffa, fili e aghi e aveva cercato, tra i tanti giornali che
conservava in un angolo della libreria, dei motivi da ricamare per una tovaglia
natalizia.
Ricamare le piaceva, ma non lo
faceva da anni. La distanza da inquadrare era tale che con gli occhiali non
riusciva a mettere a fuoco e senza lenti le veniva mal di testa.
Era il limite per cui, iniziato
il lavoro, le era già più volte capitato di dover scucire il già fatto e
ricominciare daccapo.
Eppure, le sembrava una buona
cosa l’aver assecondato l’impulso a mettere il ricamo tra le sue attività
autunnali, inserendo, tra tanti impegni ineludibili, spesso faticosi e non
raramente snervanti, un obbligo scelto. Che non era del tutto rilassante, visto
che doveva spesso ricominciare daccapo, ma le dava quiete, le svuotava la
mente.
Magari, si diceva, più di un
corso di yoga o di sedute di meditazione buddista.
Le pareva di entrare in qualche
modo in una dimensione monastica: l’essere totalmente lì, in un punto e in
momento precisi, senza altri pensieri, paure, desideri.
Aveva la sotterranea sensazione
d’essere in un flusso di storia che comprendeva le nonne e le nonne delle
nonne: sapienti senza scuola e capaci, con fusi e telai, di creare bellezza.
Lei, prima donna studiata di tutta la famiglia (fortuna
di cui era grata in ogni fibra del suo essere) conosceva bene i sensi di colpa rispetto alle loro capacità di
costruire vita con una quasi naturale aderenza al senso profondo dell’essere.
A lei era toccato un pezzo di
storia economicamente più facile, socialmente molto movimentato, con non poche
piccole e grandi rivoluzioni. Un
tempo di transizione – bello e terribile – in cui nulla era più naturale e
tutto andava pensato per poter essere compreso e vissuto.
Ricamando – che era un po’
l’altra faccia del suo lavoro quotidiano: intessere parole, cucire, scucire,
rammendare, tanti fili incomprensibili di rovescio nel tentativo di un bel
disegno sul dritto – respirava piano, come accordando il suo respiro al ritmo
di altri respiri.
Punto dopo punto, la vita si
setacciava. Senza asprezze. Mitemente.
Le passò in mente – ma le sembrò
un paragone esagerato – che ricamare in quelle prime sere in cui l’estate
cedeva all’autunno, era un po’ il suo colle
dell’infinito.
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