mercoledì 5 aprile 2023

Ad Antonella Lattanzi

 


Forse non esiste niente. Ma quando lo leggi in un libro, certamente e finalmente esiste tutto. Allora l’amore è davvero una cosa innominabile dal vero, imprendibile, indistinguibile dal vero, ma così chiara, così vera, così lampante, così commovente nel nero su bianco della parola scritta che tu finalmente puoi leggere, nel fraseggio dei capitoli, nella ruvidezza, se la tocchi, della pagina. Antonella Lattanzi, Le parole che non so dire su Lucy della cultura di aprile 2023

 

Cara Antonella,

mi rivolgo a lei familiarmente giacché gli scrittori letti entrano a far parte – lei lo sa bene – della propria famiglia, accompagnano nella quotidianità, nutrono sentimenti ed affetti come fanno i più vicini nella nostra vita, talvolta un po’, magari un bel po’, di più dei più vicini.

Mi era piaciuto Questo giorno che incombe tanto che ci ero rimasta male per l’esclusione dalla cinquina dello Strega. L’avevo scritto su fb e lei ci aveva messo un like. Ho letto Cose che non si raccontano in poche ore: è una storia potente raccontata con stile potente.

Non ho dubbi sul fatto che ci sono cose che non si possono dire e neppure ascoltare a voce, ma che, al contrario, si possono scrivere e leggere: cose che hanno bisogno del silenzio della pagina scritta per poter trovare una voce pronunciabile e ascoltabile.

Leggere un’esperienza di vita di una persona, la sua testimonianza sincera, accresce la nostra esperienza di vita: che la si condivida o meno nel merito, è come se accrescesse la nostra capacità di percepire il reale, aumentasse il nostro tasso di umanità.

Eppure – e, ripeto, con grande ammirazione per il suo libro (peraltro, si parva licet, anch’io ho scritto, se così vogliamo chiamarlo, un piccolo memoir), parlo dello stile senza entrare nel merito – mi resta un dubbio su tanta attuale narrativa centrata “direttamente” su ciò che è accaduto a chi scrive. Mi chiedo se una narrativa più “tradizionale”, quella in cui le esperienze personali non vengono squadernate bensì “filtrate” in altre storie – “romanzate” insomma – non risulti alla fine più forte, più dirompente.

Ma è possibile che il mio dubbio sia solo determinato dall’età (potrei essere sua madre), da un gusto che si è formato in altri tempi.

Su una cosa però non ho dubbi. Anche se i libri accompagnano i miei giorni, se mi hanno fatto, spesso, più compagnia di quanto ne abbia avuta nella realtà, se mi hanno sostenuta, protetta, difesa dai pesi dei giorni; anche se so bene che finché potrò leggere io e la mia vita avrà orizzonti più ampi, sono convinta che l’amore è un’altra cosa. Da una telefonata fatta/ricevuta in un momento in cui si ha bisogno di una parola amica alla cura, paziente e affettuosa, di una persona malata, passando per tutta la gamma del “prendersi cura”, l’amore ha a che fare con la carne e il sangue della quotidianità: con i limiti, le slabbrature, le sgrammaticature dei giorni: anche se le parole scritte lo possono “fissare”, il suo “stare” è nella fatica del suo farsi.


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