«Annalena Tonelli e Etty Hillesum, ma anche Simone Weil, hanno vissuto una vita così sorprendente: insopportabilmente “troppo alata per il suolo, troppo carnale per il cielo» (sono le parole di Marguerite Yourcenar per descrivere Saffo). Troppo sbilanciata. Allora è giusto unire il pensiero e le azioni di Annalena, di Simone Weil e di Etty Hillesum alle parole di Virginia Woolf, Emily Dickinson e delle altre. Mi sono però chiesta se non fossero più importanti la vita delle parole, le azioni delle riflessioni, dei romanzi, della filosofia. Mi ha risposto Irène Némirovsky: c’è differenza fra scrivere e agire concretamente? In entrambi i casi si tratta di guardare in faccia la realtà. In entrambi i casi, si tratta di donne che hanno fatto il salto. (…) Simone Weil, Annalena Tonelli, Etty Hillesum, Virginia Woolf e Emily Dickinson hanno mostrato l’universale e il passaggio segreto (condividendo il segreto con tutti) verso qualcos’altro. Una vocazione, l’umanità, la poesia, la costruzione del talento.»
Non so quanti anni siano passati – mi sembrano tanti. Annalena Benini la scoprii da un inserto del Foglio che raccoglieva alcuni suoi racconti. Da qualche parte della casa, quell’inserto – esteticamente molto brutto, tutto piombo, ma arioso nella lettura –dev’esserci ancora. Da allora, Annalena Benini è entrata nell’elenco, non numeroso, di quelli/e che leggo sempre e sempre mi piace, anche quando, magari, qualche libro da lei recensito molto positivamente in realtà mi è sembrato poca cosa.
Annalena, il suo nuovo libro, edito da Einaudi, racconta di una sua parente, Annalena Tonelli, missionaria laica in Africa, uccisa – come capita ad alcuni grandi della storia – proprio per aver fatto troppo bene, per aver amato incondizionatamente gli ultimi cui aveva dedicato la sua esistenza, spinta dalla fede in Dio ma, soprattutto, dall'esigenza di amare: «Buttiamoci pittosto ad amare.», il suo programma di vita. E lo fa, Annalena Benini, lontano da ogni spirito agiografico e anche da ogni ipocrisia (vedi articolo a proposito di Guia Soncini*), con la levità che la contraddistingue (nel suo caso, non parlerei di: “leggerezza”, ma, appunto, di “levità”) mettendo in dialogo le scelte della Tonelli, il suo “sbilanciamento” verso gli altri con la sua vita in un mondo ben lontano dal poverissimo villaggio somalo che è stata la casa, fortemente voluta, di Annalena.
Impegnata come sarà adesso a preparare il Salone del Libro di Torino del prossimo anno, aspetto comunque speranzosa che Annalena Benini concluda anche Romanzo Italiano di cui la Rai ha presentato, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, le prime puntate: ci terrei a vedere, finalmente, anche una puntata sui narratori/narratrici calabresi.
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