Per alcuni anni, un trentennio fa
circa, sono stata presente alla presentazione, a Napoli, del Rapporto Svimez. Mi
ricordo l’emozione della prima volta che ascoltai le argomentazioni di Manlio
Rossi Doria, ma anche il crescente senso di fastidio per il ripetersi, stagione
dopo stagione, di una sorta di rito. Del genere: repetita NON iuvant.
Il rapporto Svimez diffuso oggi certifica
lo stato comatoso del Sud Italia (ovvero la pessima salute di una parte di un Paese
che non sta complessivamente bene): prende atto, insomma, di ciò che è sotto
gli occhi di tutti ed è strabiliante che i dati diffusi siano riportati nei titoli
di testa dei giornali e ripresi dai politici quasi come una scoperta inattesa.
Personalmente, mi sono stancata delle
lamentazioni sul Sud ricco in fase preunitaria e poi impoverito dall’Unità del
paese, dei pianti greci sulla fine del grande meridionalismo, dei dati Svimez che niente tolgono e niente aggiungono
davvero allo stato delle cose. Ed anche, un po’, delle analisi del tipo: è la
criminalità organizzata che guida la politica meridionale o è la politica
meridionale che si appoggia alle varie mafie oppure: è vero o no che i
calabresi sono antropologicamente diversi dal resto degli italiani?
Vorrei, piuttosto, che le teste
pensanti del Sud (e non solo; ma soprattutto loro) cominciassero a dibattere su
come uscire dal coma. Non vuote chiacchiere. Ma strategie, obiettivi, metodi,
tempi, vie e prospettive.
(Non mi capita spesso, ma stavolta sono d'accordo con Claudio Velardi: aboliamo il rapporto Svimez http://claudiovelardi.com/2015/07/30/via-il-cnel-e-la-svimez/)
(Non mi capita spesso, ma stavolta sono d'accordo con Claudio Velardi: aboliamo il rapporto Svimez http://claudiovelardi.com/2015/07/30/via-il-cnel-e-la-svimez/)
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