La vittoria del sì non è la vittoria
della Grecia (tantomeno dei greci).
È la sconfitta della Grecia, che
rischia di stare economicamente molto peggio e di uscire politicamente dall’Unione
Europea, ed è, insieme, la sconfitta di un’Europa, che non ha fatto sostanziali
passi, nell’ultimo quindicennio, per passare da un unico mercato e un’unica
moneta alle prese, con grande difficoltà, con una crisi economica di sistema, ad una più effettiva
confederazione di popoli.
La ragione, a questo punto,
prefigura la possibilità concreta del suicidio (a breve) della Grecia e quello (a
medio termine) dell’Europa.
La speranza – ultima dea a morire
– si augura che come talvolta accade, da un male nasca un bene e che questo
referendum – la cui indizione mi è sembrata un gesto di guerra rivestito da una
forma di una democrazia che privilegia la scelta di pancia (e non sempre i piccoli Davide sono più giusti dei grandi e grossi Golia) –
serva a ripensare l’Europa.
La foto è tratta da una copertina di IL di due anni fa
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