Ho visto più volte, senza riuscire a staccarmene, il video di Angela e la bambina, ovvero la replica
della cancelliera tedesca alla domanda della bambina palestinese che teme, dopo
quattro anni di quiete dai campi profughi, di dover lasciare la Germania di cui
ha appreso la lingua e in cui sembra essersi ben integrata.
Non c’è dubbio che la risposta
che avrebbe impedito alla bambina di piangere e che non sarebbe diventata virale è qualcosa come: “Tu sei tanto
brava, vedrai che il tuo futuro sarà meraviglioso…”.
La Merkel, invece, non prova neppure
una risposta empatica (magari falsa,
ma gradevolmente falsa) e cerca una replica oggettiva alla complessiva richiesta della bambina, che riguarda certo se stessa
ma anche tutti quelli che stanno nelle sue condizioni.
E così, una delle donne più
potenti del mondo, la più forte leader europea (leader; di statisti non se ne vedono in circolazione) e una ragazzi dagli
occhi scintillanti rendono plasticamente, in pochissime battute, quello che è
uno dei drammi del nostro tempo.
Da una parte le speranze, le
attese, la voglia di una vita più facile del
sud-sud del mondo e dall’altra l’incapacità dell’Europa di farsene carico oltre
una certa misura.
E sebbene dei problemi del
sud-sud del mondo, l’Europa abbia storiche responsabilità – l’attuale
incapacità non è solo frutto di egoismi, paure, striscianti (o evidenti)
razzismi ecc. ecc., ma è una difficoltà reale.
Che la Merkel non nasconde
neppure a una bambina (mentre la Germania, di fatto, accoglie più e meglio di tutti gli altri; e la bambina palestinese resterà nel suo nuovo paese non per concessione di simpatia, ma in base alla nuova normativa tedesca).
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