Pomeriggio, afoso, di luglio. Napoli
non è tra le città da bollino rosso, ma, per strada, l’aria è di soffocante
umidità. All’interno della Feltrinelli, l’aria condizionata accoglie come un
affettuoso benvenuto.
Al piano terra, in un angolo, seduta
non so su quale sgabellino, una signora di una certa età, magra, i capelli
trattenuti da una fascia da bambina – anche le scarpe sono da bambina, con il
bottoncino che chiude una striscia sottile intorno alla caviglia – è immersa
nella lettura.
Scendo di un piano, mi ci fermo
per più di ora. Quando risalgo, la signora è sempre al suo posto, nella stessa
posizione, solo la testa un po’ più piegata dentro un libro.
Non è certo il suo caso,
ma mi viene da immaginare la storia di una vecchietta dei Quartieri che, spossata
dal caldo, cerca un sistema, gratis, per passare qualche ora al fresco. E lì,
non avendo niente alto da fare, comincia a leggere un libro – magari il suo
primo libro – e poi continua ad andarci, ogni pomeriggio. Non più, o non tanto,
per il bisogno fisico di respirare ma quello, della mente, del cuore, di
trovare storie che le riempiano i vuoti che la vita le ha lasciato (perché la
lettura può essere anche, talvolta, un modo per rivestire le proprie nudità).
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