Fervore di Emanuele Tonon
è un libro molto particolare: per la tematica – il racconto, autobiografico di
un anno di noviziato francescano – e per il linguaggio, che sembra essere
costantemente tratto da un silenzio onirico, da un sogno che si liquefa.
L’autore parla della sua esperienza come
di una fase in cui, insieme ai suoi confratelli, si è inventato un Dio e ha cercato, nel monastero, in uno stato di fremente
veglia, una sorta di oasi rispetto alla difficoltà di affrontare la complessità
dell’esistere. Mesi di quieta esaltazione, di acquatico tentativo di adeguarsi ad una fantasia, di trasformare in fuoco
ardente ma non divorante un’immagine della mente, la proiezione di un desiderio.
Non conosco Tonon, di cui non avevo letto
nulla in precedenza, ma immagino di non sbagliare pensando che sia,
attualmente, ateo. Cosa che non rende meno interessante/utile la lettura di Fervore anche a chi crede che la nostra
immaginazione sia sì infinita, ma infinitamente meno di quella di colui che
l’ha creata.
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