Suffraggette (regia di Sarah Gavron,
sceneggiatura di Abi Morgan; interpreti principali: Carey Mulligan, Anne-Marie
Duff, Helena Bonham Carter, Meryl Streep) è un film bello e importante.
Importante
perché, fuori da ogni riduzione di maniera, ricostruisce la storia del
movimento guidato da Emmeline Pankhurst che si batté, anche con metodi violenti per ottenere il diritto di
voto.
Bello perché
lo fa non seguendo la leader carismatica, ma le vicende delle operaie che hanno
pagato prezzi altissimi, in termini personali e sociali, per riscattare una
vita di dipendenza, affermando la loro dignità di persone.
Sarebbe
utile farlo vedere alle scolaresche anche per far cogliere ai giovani come diritti che ci sembrano (sono) del tutto
naturali, e, in quanto tali, ovvi, non affondano in chissà quale
insondabile passato, ma sono, in fondo, molto recenti.
In Italia,
il diritto di voto fu esercitato per la prima volta dalle donne il 10 marzo del
1946, appena settanta anni fa: basta, quindi, avere una nonna, una prozia, di
80 - 90 anni, per poter, anche a livello familiare, ricostruire la storia di
chi era nata con pochi diritti civili e senza diritti politici.
Si potrebbe
dibattere se si sarebbe potuto fare a meno di alcuni gesti dimostrativi
violenti (ma sempre con l’accortezza di evitare morti e feriti). Ma resta, in
ogni caso, il valore di una lotta che non è ancora conclusa. Sui titoli di
coda, scorrono gli anni e i paesi che hanno riconosciuto il diritto di voto
alle donne: e il cammino non è stato ancora completato.
(Non c’entra
col film, ma è un pensiero che mi ha accompagnato durante la sua visione. Com’è
possibile che, dopo aver tanto lottato, e pagato per il riconoscimento dei
propri diritti, le donne accettino pratiche come l’utero in affitto, che le
relega a contenitori di materia organica?)
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