Ho passato, ieri, due ore con i
ragazzi e le ragazze (a occhio, circa 300) del Liceo Pitagora di Torre
Annunziata.
Due ore, bellissime, quasi una
sintesi del lavoro di scrittura, realizzato a Nisida lo scorso anno scolastico,
e quello di lettura fatto da loro in questi mesi in cui hanno preso in mano il
nostro Parole come Pane. La Sintassi di
Nisida e l’hanno condiviso come si fa il pane buono.
Spezzandolo, dividendolo in
bocconi, masticandolo, mangiandolo, trasformandolo in energia, forza, vitalità.
Con le loro insegnanti di
lettere, coordinate dalla professoressa Lina Fiordoro, hanno letto i
dieci racconti e il relativo backstage, ne hanno ricavato video, presentazioni in power point,
cartelloni, canzoni e balletti, drammatizzazioni (bellissima la recita del racconto-sceneggiatura Hotel Nisida di Alessandro Gallo) e tante, tante domande.
Domande per
conoscere la realtà del carcere minorile e di chi lo abita ma, anche, per
interrogarsi sui nostri modelli sociali, sulle storture che condizionano la
vita di troppi, sulle responsabilità che ciascuno ha nei confronti della
collettività.
L’hanno fatto con una serietà e una
passione, una semplicità e una verità
– un brillio di occhi – di cui sono grata. Perché hanno raccolto in pieno il senso
sotteso a questo come ad ogni nostro libro e ad ogni lavoro di scrittura di
Nisida portato all’esterno: il suo proporsi (anche) come piccolo ponte tra il dentro e il fuori.
I cartelloni si riferiscono ai racconti di Daniela de Crescenzo e Gianni Solla in Parole come Pane. La Sintassi di Nisida, edito da Caracò
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