La mattina, appena alzata, e la sera, quando andava a dormire, erano i due momenti peggiori della giornata di Ada. Di mattina, mentre ancora apriva le serrande, la luce del giorno la trafiggeva come una spada affilata, e avrebbe solo voluto piangere per le lunghe ore del giorno che avrebbe dovuto affrontare. Di sera, l’insonnia le faceva rimuginare pensieri che le accrescevano ansie ed angosce. Ada aveva provato ad andare a dormire il più tardi possibile, ma l’eccesso di stanchezza, invece di addormentarla, le teneva gli occhi spalancati più a lungo; si alzava ancora più stanca, la malinconia del mattino si faceva più forte e il ciclo ricominciava, in peggio.
Una sera, Ada andò a dormire con in mente l’emozione straniante che aveva provato nel pomeriggio quando, dopo anni, aveva rivisto, per strada, la signora Pina, che, per molto tempo, era stata una delle cassiere del supermercato da cui si serviva. Di scarse e secche parole, lo sguardo perennemente affranto, nell’aspetto, pur pulito, qualcosa di trasandato, dava idea di una sofferenza irrimediabile. Quando non s’era più vista, Ada aveva scoperto che il marito di Pina, depresso da sempre, si era ucciso. Ne era rimasta addolorata e s’era immaginata che anche Pina avrebbe fatto una brutta fine. Quel pomeriggio, invece, l’aveva vista, ferma davanti ad una vetrina: il corpo morbido ma sodo, il busto eretto, i capelli tinti da un professionista, il volto luminoso, un vestito semplice e di gusto. Appariva del tutto serena e sicura di sé. Ada si era chiesta come fosse avvenuto il cambiamento da moglie infelice a vedova fiorente. E aveva continuato a immaginare anche sotto le coperte, abbozzando una storia, che, la mattina seguente, aveva trascritto. E, quasi, non s’era accorta né della notte né del mattino.
Da quella sera, ogni volta che si metteva a letto, provava a immaginare una storia: su una persona che conosceva, su un fatto che le era accaduto, su una sensazione che aveva provato. E, la mattina, scriveva. Qualche volta, non le bastava una sera per concludere la storia, e ci continuava a pensare anche la mattina seguente. Ada continuò a dormire poco, ma con meno ansie ed angosce e, di mattina, era solo una lieve punta di fioretto a toccarla. Nel giro di un anno si ritrovò, al computer, un file con duecentocinquanta piccoli racconti.
Ne scelse cinquanta e li inviò alle quattro amiche che riteneva più sensibili e affidabili. Felicia rispose subito alla mail: “Li leggerò”; Sonia le mandò un messaggio dopo un’ora: “Che belli!”; Lorenza la chiamò per dirle che era proprio brava. Martina tacque per giorni. Ada se ne sentì umiliata e non la richiamò.
Quando il suono del cellulare si accompagnò, sul display, al nome di Martina, Ada rispose con il cuore che batteva forte: “Ciao, bella. Hai un appuntamento giovedì prossimo alle 11 a…, con… Non avevo idea che mio figlio avesse fatto amicizia con l’editore… Pare siano interessati…Comunque, a me sono piaciuti tanto.”
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