giovedì 16 dicembre 2021

La Pellarese/ Via Alfonso Gatto

 


Forse l’amore è sempre un altro amore e l’odore del ricordo un altro odore

di là dove nei muri voce a voce s’accostano le case

dove il buio fresco dei baci la stradina è stretta, sempre più stretta.

Resta il tremolio della notte con noi, nelle tue braccia.

 

Cònsola  lesse due volte la targa grigiastra con le parole impresse su un’immagine marina. Le “s” erano scritte strane e, inizialmente, aveva interpretato “forse” come se fosse “forte” e così le altre “s” le aveva lette “t”, con relativo stravolgimento del senso. 

Passò poi alle altre quattro targhe poste sulla stradina non lontano dalla chiesa, che non si chiamava più – prese atto con piacere – “traversa N”, come “niente”, “nulla” e simili, bensì “via Alfonso Gatto”.

Chissà se qualcuno si ferma a leggere queste poesie, si chiese Cònsola. E si chiese anche se, riempiendo le strade di versi, la gente sarebbe stata più felice, o, almeno, meno sola e più gentile.

Non aveva una grande dimestichezza con Alfonso Gatto, di Lcui aveva pure letto, in anni giovanili, alcune poesie, tra ermetismo e impegno civile e anche ricordava che era stato l’apostolo Andrea nel Vangelo di Pasolini. Tornando a casa, digitò Alfonso Gatto su Google e vi si immerse qualche ora. Non riuscì a trovare nessun collegamento tra Gatto e la Calabria se non che era stato nella giuria del premio Soverato.

Non che bisogna occuparsi solo di locali – tipo mogli e buoi dei paesi tuoi e anche poeti – che la poesia, parola che sboccia dall’intimità più profonda, è per sua natura universale. Ma a quella strada – pensò – bisogna affiancarne qualcuna in cui batta anche l’anima loci, mettere sui muri – libri squadernati per una felice educazione alla bellezza – le parole di Ibico e di Campanella, di Maffia, di Costabile e di Calogero.

 

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