«Vorrei tanto riuscire a
avere successo in questo mondo riguardo a ciò che voglio fare. Ti ho pregato
per questo motivo con la mente e i nervi e al colmo della tensione ho detto: “Oh,
Dio, Ti prego” e “Io devo” e “Ti prego, Ti prego”», «Ti prego, fa’ che i
princìpi cristiani pervadano la mia scrittura e fa’ che i miei scritti
(pubblicati) siano numerosi abbastanza per diffonderli», «Per favore aiutami
caro Dio a essere una brava scrittrice e a riuscire a far accettare qualche
altra mia opera. Certo, questo è così lontano da ciò che merito, che
naturalmente sono colpita dalla mia sfrontatezza», «Ti prego di far sì che la
storia, caro Dio, nelle sue revisioni, sia scritta in maniera talmente chiara da scongiurare
interpretazioni false &meschine (…) Non so, caro Dio, ma vorrei che ti
prendessi cura di farla sembrare una buona storia perché non so come, proprio
quando non riuscivo a scriverla, è arrivata.», «(…) voglio essere una brava scrittrice.
Ogni successo tenderà a montarmi la testa – anche inconsciamente. Se mai
riuscirò a diventare una brava scrittrice non accadrà per il mio talento ma
perché Dio mi ha fatto credito per quelle poche cose che Egli ha gentilmente
scritto per me. In questo preciso momento questa non sembra la Sua politica. Non
riesco a scrivere nulla. Ma continuerò a provare – questo è il punto.»
Tra il gennaio1946 e il settembre
1947, Flannery O’ Connor scrive un Diario
di preghiera, ora pubblicato in Italia da Bompiani, da cui emerge la profonda
convinzione dell'allora giovane universitaria che il suo destino terreno è essere una scrittrice, e che tale
destino corrisponde alla sua vocazione trascendentale per santificarsi: «Voglio essere l’artista migliore che mi
è possibile essere, al servizio di Dio.»
Ma l’aspetto più
generalmente interessante di queste pagine è quel sentirsi in difficoltà
rispetto alla preghiera («Non c’è nessuno che mi insegni a pregare?»), che
probabilmente sperimentano tutti coloro che provano quotidianamente a
rivolgersi a Dio, il bisogno di legare insieme il profondo radicamento alla
terra con la spinta a rivolgersi all’alto: «Quello che chiedo è davvero molto
ridicolo. Oh, Signore, vado dicendo, al momento sono una scamorza, fai di me
una mistica, immediatamente» e l’urgenza di sperimentare un proprio, personale
colloquio con Dio: «Non intendo rinnegare le preghiere tradizionali che ho
detto tutta la vita; ma le dico e non le sento. La mia attenzione è sempre
molto fuggevole. In questo modo sono attenta in ogni istante. Posso sentire un
calore d’amore che mi riscalda quando Ti penso & e Ti scrivo. Ti prego non
lasciare che le spiegazioni degli psicologi lo raffreddino di colpo. La mia
intelligenza è così limitata, Signore, che posso solo affidarmi a Te per
preservarvi come dovrei essere.»
Un libro, quindi, non solo per chi apprezza la O' Connor, per anche per tutti quelli che si chiedono il senso della preghiera, che si domandano come pregare (c'è una risposta di Gesù che ognuno deve rielaborare), che si interrogano sulla sincerità, sull'effettiva fede-speranza-carità del proprio rivolgersi a Dio.
Un libro, quindi, non solo per chi apprezza la O' Connor, per anche per tutti quelli che si chiedono il senso della preghiera, che si domandano come pregare (c'è una risposta di Gesù che ognuno deve rielaborare), che si interrogano sulla sincerità, sull'effettiva fede-speranza-carità del proprio rivolgersi a Dio.
Notarella sull’edizione
italiana: Il libro è stato pubblicato solo in edizione cartonata (e non c’è in
ebook). Ha 110 pagine, di cui 39 (da pagina 17 a pag 56) sono costituite dal Diario; da 5 a 16 ci sono la (bella)
prefazione di Mariapia Veladiano, l’introduzione di Sessions e la nota del
curatore e da pag. 57 a pag 110 la riproduzione del manoscritto della O’
Connor, che può interessare, immagino, solo pochissimi specialisti dell’autrice
in questione. Il costo è, comunque, relativamente contenuto: 11 euro.
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