A Napoli per la questione Bagnoli, il presidente Renzi
(prima volta di un Presidente del Consiglio) ha visitato Nisida. Una visita
inattesa: breve, un’oretta e mezza circa, e, nello stesso tempo, ricca: il premier non si
è limitato a stringere mani, prestarsi a varie foto, fare una serie di battute
divertenti, ma ha voluto assumere impegni importanti per lo sforzo di
risocializzazione che l’IPM svolge.
Tra le tante scene
che mi resteranno di questo giorno (ogni visita istituzionale sedimenta memorie
che fanno parte anch’esse di una sorta di album della storia della nostra repubblica),
comincio, mentre l’elicottero lascia il campo sportivo dell’isola, a scegliere
quella che mi sembra centrale.
Di fronte al grande aquilone che racchiude i nomi di
tanti morti ammazzati, un ragazzo, su invito del direttore, racconta come, all’interno
di un progetto in atto a Nisida da molti anni, ha incontrato la moglie dell’uomo
che ha ucciso. Un incontro forte, che lo ha scosso profondamente: perché la
signora non ha “alzato un muro” (“per me sarebbe stato più semplice”), ma ha
detto come, se lui cambierà vita, la morte del marito non sarà avvenuta invano.
Il premier ha ascoltato in silenzio, battendo più
volte la mano sulla spalla del ragazzo, mentre sul suo volto traspariva un’emozione
reale, una di quelle che fanno tacere.
È stato il direttore a suggellare il momento
aggiungendo qualche frase sull’importanza della restituzione, che (riprendo a parole mie), superandone gli aspetti
meramente aridi, dà alla pena un senso forte di ricostruzione sociale: l’unico davvero vincente.
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