Foto dal Web |
All’Archivio comunale. Lì, in qualche foglio più o meno polveroso, avrebbe potuto trovare il nome della prima maestra del paese.
Se avesse avuto, e non l’aveva, qualche dimestichezza con gli archivi, naturalmente. E se avesse avuto, e non lo aveva, tempo da occupare così. Dopo la prematura morte del padre, Giulia gestiva il bar Reggina, di proprietà della famiglia, a due passi dalla scuola media che lei stessa aveva frequentato.
Suoe clienti abituali, le insegnanti – la Morabito prendeva sempre il caffè del professore ribattezzato in suo onore con scarsa originalità caffè della professoressa, la Gangemi lo voleva macchiato, la Dattola col ginseng – e le mamme che, accompagnando i figli, e lasciando la macchina in seconda fila, si fermavano a chiacchierare davanti a cappuccini e brioche.
Tutto quel discorrere di scuola le aveva fatto nascere una curiosità su cui la sua mente continuava a ricamare. Chi era stata la prima insegnante del paese quando, con l’Unità – l’aveva letto da qualche parte e le era rimasto in mente – la scuola elementare era diventata obbligatoria? Magari era stato un maestro, ma lei se la figurava donna.
Metti e togli particolari, Giulia s’era risolta per una signorina sui quarant’anni, il corpo massiccio, i fianchi larghi, i capelli raccolti a crocchia, fin da ragazzina al servizio della baronessa che le aveva fatto frequentare il corso per maestra spinta dal parroco:
- Baronessa, fate un’opera di misericordia per i vostri morti. Prendetevi una ragazza giovane a servizio. Se bisogna mandare i bambini a scuola, è meglio che trovano una buona cristiana, e Concetta è donna timorata di Dio.
A Giulia rimanevano molti tasselli per ricostruire una storia: logica, almeno per lei. L’aula la poteva magari collocare in una stanza della canonica. E i bambini? Una classe mista? Coi bambini, presenti o assenti secondo il calendario dei lavori in campagna? E le femminucce a frequentare solo per qualche mese (già i suoi nonni e quelli delle sue amiche una qualche scuola superiore l’avevano fatta, ma le nonne, nessuna)? E la maestra Concetta cosa aveva imparato nel suo corso magistrale, che cosa e come insegnava? E la giornata cominciava con l’Ave Maria davanti alla statua sopravvissuta al grande terremoto?
Servendo ai tavoli, Giulia si difendeva dalla ripetitività del suo quotidiano fissando la mente sull’uno o l’altro dei frammenti da comporre. Sorrideva sempre:
- Com’è gentile
Dicevano madri e insegnanti. E il suo sorriso, più che la bontà dei suoi caffè, le facevano tornare, ogni giorno, al bar Reggina.
Nessun commento:
Posta un commento