venerdì 25 marzo 2022

La guerra in Ucraina, continuazione di quella 14-18

 

Bambini ucraini disegnano la pace. Immagine dal Web

Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra.

Delle frasi storiche che hanno costellato i miei studi e le mie letture, quella di Churchill riferita agli accordi di Monaco, non l’ho mai dimenticata.

Ed è sulla base di quella lezione – le due, tre persone con cui più ho più discusso in queste settimane mi potrebbero fare da testimone – che, avessi avuto il potere di farlo o di promuoverlo, avrei dato molto di più, militarmente, all’Ucraina.

Dice: Ma così si arriva alla terza guerra mondiale. Capisco il timore, ma non lo condivido. Il presidente russo ha agito sulla base della convinzione che l’Occidente avrebbe reagito poco e niente. E l’Occidente poco e niente anche questa volta avrebbe reagito, come sulla Crimea, se l’Ucraina non avesse scelto la strada della Resistenza ad oltranza. Ed è di fronte a quella Resistenza che vorrei non dovermi vergognare negli anni a venire, come occidentale, per non aver offerto abbastanza appoggio. Anche perché più quella Resistenza fosse stata e fosse appoggiata tanto meno il presidente russo andrebbe avanti nei suoi obiettivi: perché è sicuramente fortissimo militarmente, anche per via delle atomiche, ma meno, forse molto meno, di quanto sembra.

Siamo ancora dentro gli effetti della prima guerra mondiale. E questa guerra non si concluderà, anche con l’Ucraina distrutta, se non con la fine del potere russo, della sua visione vetero zarista: l’impero russo, persa la prima guerra mondiale, si è ricostituito come impero sovietico, dando un contributo decisivo alla vittoria contro il nazifascismo, ma dominando con mano dittatoriale al suo interno e nei paesi satelliti. Nell’infinita serie di guerre che segna la storia dell’Europa, non ne usciremo, stavolta, se non con la sconfitta di Putin e del suo progetto antioccidentale.

Che la guerra sia morte e distruzione, è lampante. Che non dovrebbe accadere è certo. Che bisogna trovare soluzioni diplomatiche è addirittura ovvio (ma per negoziare bisogna volerlo in due). Ma proprio perché cresciuta col batticuore del 25 aprile – non per nulla la data che a suo tempo scelsi per sposarmi – non ho mai pensato che non ne esistono di “giuste”. Lo stesso, auspicabile, disarmo va preso cum grano salis: se, come diceva Cechov, quando in scena appare un fucile nel primo atto nel terzo sparerà, quindi meno o niente armi per tutti è meglio, è anche vero che se il paese X (magari con governo dittatoriale e guerrafondaio) sa che il paese Z (magari democratico e pacifico) è ben armato più difficilmente lo attaccherà, e, quindi, anche le armi occorrono per difendersi nel caso, ma, sperabilmente, come bastevole deterrente alla guerra.

Che tutto ciò sia reale nel 2022 è un’angosciante sconfitta di umanità. Ed è il terribile bagno di realtà in cui dopo decenni di ubriacatura sulle magnifiche sorti e progressive – perché di guerre nel mondo siamo pieni, ma non toccandoci da vicino, non mettendo in pericolo la nostra economia e non provocandoci timori “atomici” non abbiamo voluto accorgercene – siamo immersi.

Come tutto ciò si possa conciliare con il messaggio evangelico, che l’Europa, ad Oriente e ad Occidente, ha, almeno culturalmente, assimilato è una ferita profonda. Mi verrebbe da dire: “Perdonaci, Signore. Abbiamo due millenni di Nuovo, ma dobbiamo ancora considerare compiuto il Vecchio Testamento”.

 

Nessun commento:

Posta un commento