Vista dalla mia periferia, la situazione, al momento, sembra quella di lucertole che intravvedendo il sole, cominciano a stiracchiarsi un po’: con cautela perché, in questa zona, il covid ha infierito nelle ultime settimane più e peggio di prima, eppure inevitabilmente perché, riprendendo il più grande di tutti, primavera è nell’aria: quella sottopelle insieme a quella dei campi.
Aspettando il momento giusto per alcuni ri-inizi, so che metterò la mascherina ancora per qualche tempo dopo che non sarà più obbligatoria.
Mi tagliano le orecchie, le mascherine, e mi fanno appannare gli occhiali e, forse, hanno addirittura aumentato le già tante rughe. Ma mi hanno protetto il naso dal freddo e consentito di camminare parlando con me stessa, a mezza voce. Hanno nascosto il mio dolore e protetto le mie emozioni. Mi hanno fatto guardare meglio dentro gli occhi degli altri. Mi hanno ricordato, ogni momento, il comune destino del mondo, la cura che a ciascuno è dovuta.
A modo loro, sono state una copertina di Linus.
Le riporrò, alla fine. Ma conservando, per loro, non poca gratitudine.
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