Dedicato a chi prova a fare diffusione culturale di base in Calabria*
Angela aveva quarant’anni, il volto di una venticinquenne e, nel cuore, le rughe d’una più che sessantenne. Viveva sola in un paesino tra campagna e mare, in una casa minuscola in cui si sentiva protetta. Lavorava nel capoluogo vicino. Si occupava delle vendite all’estero di confetture e altri cibi derivati dalla lavorazione del bergamotto. Un piccolo spicchio di mercato, che si stava affermando e di cui proprio lei stava promuovendo la crescita. Era soddisfatta del suo lavoro; guadagnava abbastanza per essere del tutto autonoma.
La sua vita erano i libri. Ogni momento libero lo passava a leggere e cercava persone – non che ce ne fossero tante – con cui conversare di trame, stili e personaggi. Con impegno pari all’umiltà s’era costruita un piccolo ruolo come organizzatrice di eventi culturali legati ai libri. Aveva cominciato organizzando, presso la scuola elementare del paese, degli incontri con due autori, con cui aveva avuto modo di fare amicizia per lavoro, che avevano avuto alcuni apprezzabili riscontri nazionali. Entrambi si erano prestati a presentare i loro libri nell’ambito di un dibattito più generale sulla narrativa meridionale, senza richiedere neppure un gettone per la distanza che avevano dovuto percorrere, arrivando entrambi da altre province. Nella piccola avventura, l’aveva accompagnata un vecchio compagno di scuola, che, facendo pressione su tutte le sue conoscenze, aveva ottenuto un pubblico numeroso in un luogo dove la lettura di libri era attività del tutto marginale. Alle successive elezioni, la figlia dell’amico s’era candidata, inserendo nel suo curriculum anche l’attività di volontaria in quelle serate. Angela non aveva fatto una piega, ma aveva rinunciato a continuare quell’esperienza.
Le sue presentazioni erano però piaciute ai due autori che avevano chiesto la sua presenza in simili chiacchierate sui libri che, soprattutto d’estate, si stavano diffondendo anche nella provincia, un sud del sud, in cui vivevano. Erano ormai più le rassegne di libri, le conversazioni d’autore di luglio e agosto, i premi letterari che i libri letti nella regione in un anno. Angela era arrivata al punto che, in estate, non aveva quasi serate libere. In alcune manifestazioni, aveva solo il compito di presentare o intervistare, ma prima una, poi due, poi tre e alla fine cinque di queste piccole manifestazioni aveva il piacere d’organizzarle lei. Piacere pagato, economicamente, quasi sempre di tasca propria e accompagnato da non pochi fastidi.
Invitava Tizio e Caio reagiva come colpito da una dichiarazione di guerra. Le arrivava qualche rimbrotto esplicito, molte mezze frasi che facevano ventilare suoi, inesistenti, secondi fini e molti salamenecchi in presenza con tante frecciate dietro le spalle. Autoreferenzialità, provincialismo, ipocrisia ferivano la sua dedizione ai libri e alla loro diffusione. Era tentata, qualche volta, di ritirarsi nel suo eremo di libri letti – farsene il personale piumone d’inverno e l’ombrellone d’estate – ma non poteva trattenere la sua natura che, più che farsi servire dai libri, era orientata a servirli. I libri, Non gli autori, di cui scopriva sempre nuovi egoismi e piccinerie. Ricominciava ogni volta. Con qualche graffio in più nell’anima, e la pelle, indurita, a proteggerla.
*Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale
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