Forse non me ne sono
accorta io, ma non credo che Da dove la
vita è perfetta di Silvia Avallone, pubblicato nel 2017 abbia ricevuto
l’attenzione del suo libro d’esordio, Acciaio.
È una storia ambientata a
Bologna, con protagonisti una coppia (e annessa amante del marito), lei
insegnante di liceo e lui architetto rampante, che non riescono ad avere un
figlio e una coppia di ragazzi più un amico che vivono al Villaggio Labriola,
in uno degli anonimi casermoni «672 appartamenti, 5 piani, 28 scale ciascuno.»
Al centro, il tema della maternità, scritto con la passione di un’autrice da
poco (in quel momento) diventata madre.
Adele, che sta con
Manuel, «le labbra carnose e regolari, gli occhi così neri che non distinguevi
l’iride dalla pupilla. Sarebbe potuto andare da Maria, a Uomini e Donne, a
farsi corteggiare. Avrebbe potuto farne di strada, con quella bellezza
malandrina. E invece, era un delinquente.»
Per Adele, padre in carcere, madre che si ammazza di
fatica per sbarcare il lunario, – che «a casa, non aveva niente. Non aveva
neppure un mondo a cui dire qualcosa.» – Manuel è tutto: «C’era qualcosa,
conficcato nel suo corpo, che le diceva di non poterne fare a meno, che le
imponeva di averne bisogno. Dove la parola “bisogno” stava a significare una
mancanza totale, un’astinenza assoluta, svegliarsi la mattina e non avere un
senso.»
E, così, come per gioco,
si ritrova incinta: «Gli aveva consegnato tutto: la propria storia, i propri
sentimenti, la verginità in terza media. Adesso toccava a lui, pensò Adele,
darle qualcosa di… non le veniva la parola… irreparabile. E che certo oggi non poteva
accadere, perché dovevano ancora passare anni. Però le piaceva baciarlo e tenergli
i capelli come se stesse accadendo.»
Una vicenda che, se fosse
ambientata a Napoli, avrebbe uno sviluppo e toni diversi. Eppure, Adele, in
controluce, mi sembra restituire il volto (per lo più ignorato da chi narra i
ragazzi di vita napoletani) delle sue compagne che, giovanissime, hanno già figli
con i ragazzi di Nisida.
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