Copia, copiella, mi prendono in giro a casa. Ho passato un numero
spropositato di ore a copiare al computer scritti, a mano, dei ragazzi di
Nisida. Oggi ne ho copiato uno, per il prossimo libro, di una ragazza che non è
più in Istituto. Fogli a quadretti, scritti fitto fitto, che, per me, valgono
più di un regalo importante.
Ed una gioia grande – di quelle,
per intendersi, che, anche in inverno, spalancano il cuore sull’estate – è la
foto, arrivata ieri, della, bella, pagella di primo quadrimestre di un ex
alunno. Il giorno che si laureerà (perché mi aspetto che lo faccia), festeggerò
più di quanto abbia mai festeggiato una vittoria personale.
Approfitto di questa
doppia gioia per rispondere ad un’osservazione – Ma un ragazzo che si sta ricostruendo una vita non ha diritto all’oblio
del suo passato? – che mi è stata fatta qualche giorno fa per un mio
articolo sul Riformista Napoli, dove
un ex ragazzo di Nisida era citato in maniera riconoscibile.
Naturalmente, quando si
tratta di minori, bisogna garantire – lo dice la legge, ma anche il buon senso –
l’anonimato. Per chi è maggiorenne, correttezza vuole che non lo si esponga
mai contro la sua volontà.
Ho conosciuto ragazzi/e
che hanno preso, dopo Nisida, una loro, buona, strada, nascondendo il loro
passato. È una decisione che capisco e rispetto. Non è bello sentirsi pre-giudicati, guardati con diffidenza,
messi continuamente alla prova. Ognuno ha diritto di proteggere se stesso, di
mettersi addosso, se lo fa sentire meglio, una corazza di difesa.
Ma ho sempre visto come un
elemento di forza chi dice, guardandoti in faccia: Ero quello, ora sono questo. È come se ti inchiodasse a guardalo
davvero, a tener conto che, se ha (avuto) la forza di superare il suo passato, può
gettarsi dietro le spalle gli eventuali, miopi, pre-giudizi. Perché non dipende (più) da valutazioni esterne a lui,
ma solo dall’obiettivo che si è dato.
Nessun commento:
Posta un commento