Ricevo, di tanto in tanto,
lettere dal carcere. Le uniche, pare, che ormai arrivino.
In un’epoca in cui
scrivere lettere a mano, affrancarle, imbucarle sono gesti desueti – come si
dice ai ragazzi: allora si usavano le candele, si dirà: allora si scrivevano
lettere: come di oggetti che contraddistinguevano altre epoche – la comunicazione
dalle e verso le carceri mantiene il ritmo lento delle Poste, lo svelamento
emozionale dei segni grafici più o meno marcati, più o meno ordinati, quella
sottile scia di vento che supera le barriere, il non detto chiaro come luna che
illumina cieli scuri.
Che belle parole, Maria, che immagino frutto di belle emozioni. Grazie.
RispondiElimina