Sono stata ad ascoltare
Antonio Manzini all’Altra Galassia, bella iniziativa ormai in atto a anni, al
monastero delle Trentatré (sabato 10 giugno).
A me piace (anche in
versione televisiva) il suo Rocco Schiavone, il vicequestore romano finito in
Val d’Aosta (ma, da qualche parte nei suoi libri c’è scritto ch’era la penultima scelta
punitiva nei suoi confronti, l’ultima sarebbe stata la Calabria: e a me non
sarebbe dispiaciuto vederlo in azione a
casa mia), ho amato molto Orfani
bianchi e ho scoperto dalla sua lettura da attore un delizioso raccontino
su scrittori ed editori, Sull’orlo del
precipizio.
È stato un po’, per me,
il buon inizio, delle presentazioni estive
di libri qualunque sia la
formula).
(Con un’osservazione a
margine: come m’era già capitato, negli anni scorsi, ho avuto motivo di chiedermi perché non si sia in
grado, neppure di fronte ad un pubblico che comprende alcune suore di clausura
del monastero, di tener fuori dal parlato espressioni che, seppure in uso,
hanno più del cafone che dell’elegante).
Durante la lunga stagione invernale (quella che va da
settembre a fine maggio, seguendo un po’ l’anno scolastico), di presentazioni
ne ho viste molte. Almeno due da sottolineare.
La prima è la performance
teatrale di Alessandro D’Avenia (teatro Diana, 18 aprile) imperniata sul suo
ultimo libro L’arte di essere fragile, con
un folto ed entusiasta pubblico in larga parte di giovanissimi. In versione di
prof in classe con gli allievi, il racconto orale di D’Avenia (che nello
scritto risulta interessante ma letterariamente non altissimo) si esalta
coinvolgendo fortemente chi ha la fortuna di parteciparvi: se ne esce grati,
con gli occhi umidi e il cuore dilatato, come se le notti illuminate dalla luna
cantate da Leopardi fossero davvero il cielo che stai respirando, in pienezza e
libertà.
La seconda è la gara tra
Viola Ardone, Antonio Menna e Massimo Galluppi, presentati da Angelo Petrella
(Palazzo Marigliano, 19 maggio), impegnati a sostenere un personaggio e il
libro (l’opera) di cui è protagonista. È stato bello ascoltare Viola Ardone
parlare di Filumena Marturano, Antonio
Menna dell’Eleonora Fonseca Pimentel delineata da Salvatore Striano ne Il resto di niente e Massimo Galluppi di
Carlo Bousier personaggio principale di Ferito
a morte di Raffaele La Capria. Un bel modo per rivisitare testi napoletani
ormai classici, facendo venir voglia di tornare a dargli uno sguardo o, nel
caso, a leggerli.
Ma va ricordata anche l’iniziativa
di Diego Guida, che ha presentato (Gambrinus, 24 maggio; padrino d’eccezione: Maurizio de Giovanni), il nuovo Salone del Libro a Napoli, la prossima primavera.
Per Napoli, che ha un
numero elevato d’autori di fama nazionale (e alcuni che superano ampiamente i
nostri confini), nessuna casa editrice di equivalente respiro e un numero di
lettori molto basso (soprattutto considerando che la città ha ben 5 Università)
potrebbe diventare l'appuntamento del 2018.
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