Sarà che per le mie nonne
– e anche per le mie bisnonne – ho avuto sempre un grande affetto e una
grandissima stima.
Sarà che ho superato i
sessanta, e vado dal parrucchiere e uso buone creme, ma non faccio niente per
nascondere il grigio dei capelli e le rughe del viso.
Sarà che, per età, potrei
essere nonna già da tempo.
Sarà che, certo, sono un
po’ più lenta nelle cose che faccio e non mi ricordo più tutte le date e tutti
i particolari degli eventi, ma non vorrei tornare alla metà dei miei anni, a
meno che non ci tornassi con la testa che ho adesso, perché ora sono meno veloce
e brillante, ma decisamente più equilibrata, saggia e forte di allora.
Sarà che penso, che se
essere madri (e padri) è anche una straordinaria possibilità di rivivere la
propria vita, di, in qualche modo, raddoppiarla, essere nonne (e nonni),
significa moltiplicare esponenzialmente quella possibilità: essere, insomma,
giovani ancora e ancora.
Sarà per l’insieme di
questi motivi, che (nonostante il suo senso sia del tutto chiaro e
condivisibile) la metafora del papa
sull’Europa che non deve essere come una
nonna, vecchia, stanca e infertile, (ma quando mai, le nonne sono grandi
madri, madri due volte), non mi è sembrata per nulla felice.
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