«Ciao, Maria. Volevo chiederti
un’informazione… se io scrivessi un libro mio… storia mia… tu avresti la
possibilità di pubblicarlo?»
«In carcere puoi
diventare una cosa sola: un grandissimo conoscitore del crimine. Un enciclopedico.
Perché tutti i discorsi che si fanno, tutti gli aneddoti che si raccontano,
sono storie di crimini. Paurose, noiose, istruttive, sceme, ma solo di quello
si parla. Tu porti la tua storia assurda all’interno del carcere e ti vai a
prendere tutte le altre storie assurde. Ma in questo modo non si fa altro che
scambiarsi il veleno. Noi abbiamo bisogno di altre storie. Più grandi di quelle
con cui siamo cresciuti, capaci di farci capire che cosa ci ha portato qui
dentro».
«Emilia, ti presento
Maria. Lei si occupa da anni di un progetto di scrittura a Nisida. Un progetto
bello, importante, che non è mai decollato…».
La prima frase è un sms
di una delle mie ex alunne. Tanti anni fa, a Nisida, sono stata madrina di
battesimo (il primo mai avvenuto dentro le mura dell’IPM) della sua bambina.
Cambiano i termini – qualcuno cerca una conferma al fatto che possa scrivere un
libro, qualcuno chiede se, una volta scritto, glielo correggo – ma, questo è un
tipo di messaggio (magari su fb) che ricevo più volte in un anno.
Il secondo brano è tratto
dal libro di Salvatore Striano, La
tempesta di Sasà. Ex testa matta, ex
detenuto in regime di massima sicurezza, oggi scrittore e attore affermato. È stato
a Nisida in un anno in cui c’ero già, ma ci ha passato un periodo brevissimo e
non è venuto a scuola (l’ha poi frequentata a Rebibbia), quindi, a quel tempo,
non l’ho conosciuto. Come non ho conosciuto, da ragazzo detenuto, Gaetano di
Vaio, uscito da Nisida appena qualche giorno prima che io vi entrassi (poi, con
noi, ha realizzato un importante, pluriennale, progetto Cineforum, e, ora, è
attore, scrittore – suo il libro Non mi
avrete mai – produttore ecc. ecc.). Due ex ragazzi di Nisida che hanno
scoperto una vita nuova attraverso il teatro, la lettura, la scuola.
La terza è la frase con
cui Cristina Zagaria, giornalista e scrittrice, che ha partecipato anche ad uno
dei Laboratori di scrittura di Nisida, mi presenta a Emilia Marasco, in occasione
della presentazione a Napoli del libro di quest’ultima Volevamo essere Jo. (Il libro lo devo leggere; il titolo è da
batticuore). Esprime così, Cristina, il disappunto per un lavoro, quello che ha
portato ai sette volumi (al momento) dei racconti per Nisida, che resta
conosciuto in un ambito molto più limitato di quanto, probabilmente, vale.
Accadono, tutte queste
parole, lo stesso giorno.
E io penso (in pace) quanto siano
straordinarie le parole, quanti mondi possono aprire.
Com’è necessario costruire, in
tutte le situazioni, spazi e tempi liberi perché maturino parole vere.
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