Sono una fan di
Alessandro Barbero.
Ho letto moltissimi dei suoi libri di storia e ho
visto/ascoltato più volte tutti i suoi interventi rintracciabili su you tube*. Ammiro la sua eccezionale capacità di comunicare la storia senza nessuno sfoggio, in maniera
semplice, concreta, appassionante.
Ma avevo sempre avuto delle remore ad affrontare qualcuno dei suoi romanzi. Sbagliavo.
Ho letto Gli occhi di Venezia (Mondadori, 2011) d’un fiato, felice,
per qualche sera, di potermi immergere nelle vicende di Michele e Bianca e dei tanti
altri personaggi inseriti nella storia di Venezia e dell’impero ottomano del
600.
Non intendo certo paragonarlo,
per valore letterario, ai Promessi sposi
– il nostro romanzo per eccellenza, che è, anche, un grande romanzo storico – ma Gli occhi di Venezia è un romanzo
storico di grande bellezza.
Un saggio concretizzato - inverato - nelle vicende dei singoli,
capace di restituire naturalmente tutto un mondo, di farlo vivo e presente nella sua quotidianità e nei suoi aspetti più pubblici.
*(Tra parentesi: you tube è
una miniera che mi accompagna spesso durante i lavori domestici; un modo
gradevole di imparare; un altro prof che seguo parecchio anche lì è Massimo
Recalcati: sentirgli dire che, per gli esami di maturità ha preparato una
tesina su Pasolini mi ha dato un’emozione inattesa: anch’io, alcuni anni prima
di lui, ho fatto la stessa cosa).
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